Mercato obbligazionario: immobilismo della BCE e curva USA invertita


In questa prima settimana di aprile gli investitori presteranno grande attenzione ai verbali delle principali Banche Centrali per avere più dettagli sul ritmo dell'inasprimento monetario annunciato nelle scorse riunioni. Infatti, mercoledì 6 aprile sarà la FED a rilasciare i verbali della riunione di marzo dove, per la prima volta in tre anni, la Banca Centrale ha alzato i tassi d'interesse annunciando un ciclo di aumenti fino al 2023. È naturale che il mercato si aspetti maggiori dettagli sul piano di riduzione del bilancio, e quindi cercherà di capire fino che punto la banca guidata da Powell sarà disposta ad alzare il costo del denaro per contenere l'aumento dei prezzi.

Giovedì 7 aprile sarà invece la volta della BCE, a poco meno di una settimana dalla riunione del 14 aprile, dopo aver sorpreso gli operatori a marzo annunciando l'accelerazione dell'uscita dalle misure di stimolo. Sulla BCE torniamo tra poco, perché l’argomento merita certo un approfondimento. Restiamo ancora un momento sugli USA, visto che sta destando una certa preoccupazione la nuova inversione della curva dei rendimenti.

Infatti, sotto questo profilo, gli investitori presteranno anche molta attenzione al mercato obbligazionario, poiché l’uscita del report sui Non Farm Payroll con dati molto forti ha generato aspettative di maggiori aumenti dei tassi da parte della FED. Con l'inflazione ormai sui massimi degli ultimi 40 anni, i timori di una politica monetaria più restrittiva uniti all'incertezza della guerra in Ucraina stanno portando sempre più operatori a prezzare una recessione nei prossimi trimestri.

Quindi, sul mercato obbligazionario USA è accaduto ciò che si temeva ormai da settimane, ovvero l’inversione della curva dei rendimenti, con il Treasury a 10 anni che è arrivato ad offrire per un brevissimo periodo di tempo meno del Treasury a 2 anni. La curva ha quindi assunto un’inclinazione negativa, in netto contrasto con la normale inclinazione positiva che vuole che i rendimenti debbano salire man mano che la durata dei bond si allunga.

Come sappiamo, le evidenze statistiche storiche sull’inversione della curva dei rendimenti non sono molto confortanti, visto che quasi tutte le volte in cui questo è accaduto nell’ultimo mezzo secolo, l’economia americana è davvero caduta in recessione mediamente dopo quasi un anno e mezzo.

Di fatto, un altro timore sta diventando ormai inevitabilmente sempre più concreto: la stagflazione. Ora, non dimentichiamoci che la FED ha un doppio mandato: centrare il target d’inflazione al 2% e mantenere la piena occupazione sul mercato del lavoro. Tuttavia, il grosso rischio segnalato dall’inversione della curva nella fase iniziale della stretta monetaria è che l’istituto si ritrovi presto a dover fare i conti con un’inflazione elevata e un’economia in recessione, cioè con un mercato del lavoro in peggioramento. Ovvero, stagflazione: la miscela peggiore che un’economia possa sperimentare.

Purtroppo, lo scenario di una stagflazione prende sempre più forma, non solo negli USA, ma anche nell’Eurozona, dove la BCE deve ancora iniziare ad alzare i tassi e dove lo scenario si fa sempre più preoccupante. Infatti, l’inflazione nell’Eurozona a marzo è salita al 7,5%, segnando il nuovo massimo storico per l’area. Persino il dato “core”, al netto della componente energetica e dei generi alimentari, registra una crescita ulteriore al 3% dal 2,7% di febbraio.

Purtroppo, al momento la linea ufficiale della Lagarde e del suo board è la seguente: l’inflazione è grosso modo temporanea, per quanto si stia rivelando più duratura delle precedenti previsioni. Alzare i tassi avrebbe scarsa efficacia, dato che non inciderebbe sulle cause, cioè i rincari delle materie prime e i colli di bottiglia. A nostro parere, oltre che errato, questo ragionamento è un azzardo, anche alla luce del precedente storico degli anni 70, per il quale servì l’arrivo di Margaret Thatcher nel Regno Unito e Ronald Reagan negli USA per riportare le economie sui binari giusti, pur dovendo passare prima da una dura recessione economica a inizio anni Ottanta.

Ma la BCE si è negata ogni margine di manovra: all’ultimo board ha confermato che il rialzo dei tassi avverrà solo dopo la fine del QE, senza lasciarsi aperta una porta (o almeno uno spiraglio…) per poter intervenire. Questo significa con buone probabilità che alla prossima riunione la BCE potrà solo annunciare la fine degli stimoli monetari dopo giugno e quindi il rialzo dei tassi potrebbe arrivare molto probabilmente non prima di settembre. Quindi molto tardi…

Analisi ZC-Yield Curve
La lettura della ZC-Yield Curve mostra un ulteriore rialzo dei rendimenti su tutto il tratto della curva. Infatti, rispetto alla scorsa analisi il rendimento della scadenza a 10 anni continua a volare portandosi ora in area 1,23% rispetto allo 1,12% precedente, mentre la scadenza trentennale si porta ora in area 1,04% rispetto allo 0,96% precedente, rendendo sempre più piatta la curva per le scadenze medie e lunghe. Si modifica ancora la conformazione della curva, che sulla parte a breve è ora quasi in accelerazione verticale e con un’accentuata inclinazione negativa per le scadenze dal 2037 in poi. La curva evidenzia ora un massimo di rendimento proprio sulle scadenze 2037-2038, in aumento rispetto alla scorsa analisi, passando all’attuale area 1,32% dal precedente 1,25% di rendimento. Decisamente mossi e nervosi anche i tassi forward su Euribor 6 mesi, sia sul tratto a breve sia su quello a lunga. La curva si è decisamente impennata sulla parte a breve e fornisce ora previsione di tassi positivi già tra fine 2022 e inizio 2023 contro le precedenti letture stimate per il 2023-2024. In lieve contrazione invece il tratto a lunga ora in area 1,50% rispetto al precedente 1,60% ma si osservano tuttavia punte di picco sin poco sotto area 1,80%.

Analisi Integrata Trendycator
Osservando – a livello di analisi integrata – le curve dei rendimenti dei principali benchmark decennali, è ormai acclarata la conferma del cambiamento in ottica strategica del quadro su tutte le aree valutarie. Il modello Trendycator si mantiene LONG su tu tutti governativi delle principali aree valutarie, con l’area UK che ha rendimenti di fatto stabili poco sopra area 1,60% per il GILT e con Trendycator in stato LONG. Il BUND, ormai stabile in area di redimenti positivi, ha un exploit sino a 0,74% di rendimento per poi tirare il fiato e assestarsi poco sopra area 0,50% con Trendycator fermo in stato LONG. Al rialzo anche i rendimenti del nostro Btp decennale che si porta ora sopra area 2,00% con Trendycator sempre saldamente LONG. Infine, l’area USA con i rendimenti del Treasury decennale che sono volati sino al 2,50% per poi ripiegare leggermente e assestarsi poco sopra area 2,30% con Trendycator indiscutibilmente LONG.

Bond Governativi Mondo Weekly Ranking
Consueta sezione dell’analisi sui mercati obbligazionari, con l’introduzione sotto forma di ranking (Fig.4) dei bond governativi mondiali con qualunque rating. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione.

Analisi in evidenza
Proseguiamo la nostra consueta analisi del cambio EUR/USD, importante valuta di riferimento per gli investimenti sul reddito fisso, vista la grande varietà di bond denominati in questa valuta. Il quadro in ottica strategica per ora non muta, con la ritrovata forza del dollaro che ha portato il cambio EUR/USD a lambire per un primo fugace test area 1,08 di un soffio sopra l’importante livello di supporto posizionato in area 1,06.

Ora area 1,11-1,12 funge da resistenza di breve termine, dopo l’affondo delle settimane scorse che ha visto il cambio EUR/USD violare al ribasso tale soglia dopo il pullback tecnico tra area 1,12 e area 1,15. Tendenza principale a favore della valuta USA quindi ripristinata, e ora eventuali rimbalzi sino al livello di 1,12-1,13 non modificheranno il quadro. È al momento ragionevole supporre che sia necessario un test sostanzioso del livello in area 1,06 prima di capire se tale soglia potrà essere violata dando il via ad un ulteriore rafforzamento della valuta USA oppure se il trend è prossimo ad un’inversione a favore dell’euro.

Al momento le premesse per un euro in rimonta non sono molte, anzi, e pertanto questa rimane l’impostazione sotto il profilo tecnico, con la debita avvertenza che la situazione internazionale è in grado di spostare gli equilibri in un batter d’occhio e quindi oltre alle evidenze tecniche non perdiamo di vista gli sviluppi sul fronte della crisi internazionale.