Se i tassi saliranno il rischio di credito italiano esploderà. Ai vostri risparmi cosa accadrà?


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Il confronto di opinioni è sempre decisivo in finanza come in ogni altro settore. Ecco perché oggi ospitiamo il contributo di un gestore professionale, Massimo Plaino, responsabile gestioni Eiger Secutities LLP.

"Lasciando da parte considerazioni di natura politica e quelle populiste, visto che il termine ormai è di moda, penso che occorra ragionare sui fatti. Che l’Unione Europea, così com’è stata concepita e come è stata assemblata, abbia degli squilibri interni insanabili è scritto sui muri. La tradizionale valvola di sfogo dell’economia italiana è sempre stata il cambio. Non mi dilungo sulle ricorrenti svalutazioni della vecchia lira. Per cui, come scrisse già De Grauwe negli anni '80 e altri assieme a lui, un’area economica dotata di moneta unica deve basarsi su altre valvole di sfogo per aggiustare gli squilibri economici delle diverse economie che la compongono. E sono i trasferimenti fiscali, e la libera circolazione del lavoro, ovvero la mobilità dello stesso al suo interno. Delle due la prima non esiste se non a livello primitivo e non sistematico, e la seconda è ridotta e limitata da differenze culturali e linguistiche oltre che legislative. Per cui già negli anni '90 sapevamo che saremmo arrivati al dunque. Senza trasferimenti fiscali da parte dei Paesi virtuosi a quelli pigri il sistema implode. Non è un’opinione, ma banale matematica delle bilance dei pagamenti.

Fatta questa doverosa premessa, ritengo che l’Italia abbia bisogno di una qualche forma di ristrutturazione del debito pubblico. Possiamo prendere una moratoria sugli interessi per un periodo più o meno lungo, o una cancellazione di parte del nominale da rimborsare ecc. ecc. Con un avanzo fiscale primario - i.e. le entrate fiscali sono superiori alle uscite se non consideriamo la spesa per gli interessi sul debito pubblico - è possibile azzerare i pagamenti degli interessi sullo stock del debito pubblico e utilizzare l’avanzo di cassa per finanziare le riforme. A partire da un alleggerimento del cuneo fiscale ad altre di natura semplificativa. Questo è quanto in teoria un Governo italiano serio dovrebbe fare. Dovrebbe essere l’Italia stessa a proporre la ristrutturazione del proprio debito pubblico. Il costo sarebbe elevato, ma probabilmente lo shock durerebbe non molto e i benefici delle riforme sarebbero molto potenti. Questo “first best” non è però politicamente praticabile. Non abbiamo un Governo forte. Abbiamo troppa corruzione. E l’economia italiana è ancora pervasa da logiche vecchie che ruotano attorno al ruolo di controllo delle banche. Tralascio i commenti sull’adeguatezza o meno dell’impianto. Mediobanca stessa ha scritto che l’Italia farebbe bene ad accelerare l’uscita dall’euro.

Quello che penso invece accadrà è che, non essendo i tedeschi e i loro soci in salute nella condizione politica e culturale di dare altri soldi a pioggia all’Italia, al Portogallo, alla Grecia e in parte alla Spagna, arriveremo ad una situazione dove sarà il mercato stesso a forzare la mano e ad imporre la ristrutturazione del debito pubblico italiano. E la conseguente uscita dall’Euro dell’Italia. La cosa sarebbe già successa se Draghi non avesse azionato il QE e il sostegno indiretto alle finanze pubbliche italiane facendo precipitare il costo del nuovo debito pubblico italiano. Secondo la Bce, questo salvagente accompagnato dalle riforme strutturali dell’economia italiana avrebbe consentito al Paese di cominciare a crescere. Come stanno facendo tutti gli altri partner europei, Grecia a parte. Sappiamo che le riforme non ci sono state, o sono state nominali. E che non abbiamo soldi per finanziare quelle vere. E il grado di corruzione del paese ostacola anche le riforme che hanno un senso, ma che minano lo status quo. In questo quadro, tassi che salgono e Pil che non cresce sono un cocktail tossico per l’Italia. A un certo punto, se l'inflazione europea continuerà ad aumentare, la Bce sarà costretta a fare l’inevitabile. Dovrà levare il pedale dall’acceleratore e la conseguenza sarà l’esplosione del rischio di credito del Paese Italia.

Detto questo, secondo il mio “base-case” scenario, ritengo che l’uscita dall’euro sarà imposta, e prima che questa venga ufficializzata dall'Unione Europea ci sarà la corsa agli asset italiani in salute. Allo stesso modo di quanto successo in Grecia. In quest’ultimo Paese, il Pireo è cinese e la telefonia è tedesca. Altre aziende tedesche hanno comprato le utilities di Atene e di Salonicco. E sempre aziende tedesche stanno comprando tutti gli aeroporti locali in utile. Mentre quelli in perdita restano ai greci. Una volta finito lo shopping il Paese verrà buttato fuori dall’euro. Prima era tabù, adesso diventa possibile. Domani è obbligatorio. Lo stesso sta accadendo all’Italia. Penso che saremo tenuti vivi con l’erogatore dell’ossigeno fino a quando la partita e l’assalto agli asset italiani non sarà terminato. È questione di mesi o al massimo un paio d’anni, nella più rosea delle aspettative.

Quello che accadrà ai nostri asset è abbastanza semplice. Gli asset reali saranno già passati di mano e quindi il problema non si propone. Gli immobili sono gli unici dove c’è certezza di diritto. Questi infatti sono denominati nella divisa che ha corso legale nel Paese dove si trovano. Se domani abbiamo la nuova lira, gli immobili si prezzano in nuove lire. Senza bisogno di contratti. Diverso invece è il percorso dei mutui. Se i mutui rimangono in euro, è abbastanza facile immaginare che il problema ce l’hanno le banche. Le ipoteche sono scritte su asset che vengono ridenominati in lire italiane e quindi, a meno di un decollo dei prezzi delle case - cosa di cui dubito fortemente - la svalutazione della nuova lira farà andare in default una buona fetta dei mutui. E le banche potranno prendere gli immobili a garanzia, ma il loro valore sarà di molto inferiore a quanto scritto in bilancio come garanzia. Se ho concesso un mutuo per 80 a fronte di una casa che vale 100, dopo l’uscita dall’euro e la svalutazione che ne conseguirà probabilmente mi ritroverò con un mutuo pari a 80 e una casa che vale 70. Il mutuo diventa problematico e, se non viene onorato, io banca perdo 10.

Lo stesso dicasi per i prestiti fatti alle aziende, dove le stesse sono state date a pegno. E quindi i bad loans avranno una grossa accelerazione. Faccio fatica ad essere bullish sulle banche in un contesto di questo tipo. A prescindere da una curva dei tassi che si irrigidisce e che viene additata da tutti come fattore che determina la migliore posizione delle banche in termini di bilancio.

Per quel che riguarda i titoli domestici, questi possono legalmente essere ridenominati in lire italiane. E quindi un investitore straniero si ritrova una grossa perdita in conto capitale dovuta al rischio di cambio. A cui poi aggiungere quello di credito. Stesso dicasi per le azioni delle aziende italiane quotate in Italia. Per quel che concerne invece tutto il debito esterno, quello rimane denominato nella divisa in cui è espresso. E quindi il peggioramento del rischio di credito sarà la determinante principale del prezzo di quegli asset.

Fare dei calcoli preventivi è impossibile. E ognuno tira l’acqua al suo mulino per questioni politiche ed ideologiche. Per Draghi il costo è oltre 300 miliardi di euro. Per Mediobanca invece c’è un guadagno di 8 miliardi. Non possiamo nemmeno dire che la verità stia in mezzo, perché questi due estremi non sappiamo essere tali. Nemmeno in linea teorica. Quello che però è sicuro è che se l’Italia decide di ristrutturare e non chiede di uscire dall’euro, ma si fa cacciare a seguito della ristrutturazione, costerà molto meno rispetto alla situazione in cui l’Italia decide di continuare a fare lo struzzo e il mercato prima e la politica di Bruxelles poi decidono che deve ristrutturare ed uscire".

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