Eni ha il dividendo allineato alla media storica, ma si può ottenere di più


Cedole & dividendi

Una volatilità più o meno alta da sempre, ma accentuatasi da un anno in qua, favorendo chi è “scalper”: negli ultimi 180 giorni si è attestata sul 22%, superiore rispetto a quella dell’indice cui appartiene, il Ftse Mib, che si ferma al 17,6%. Eni è però anche una buona erogatrice di dividendi, che può trasformarsi in ottima pagatrice se si coglie l’occasione giusta.

Gli 0,8 euro del 2015/pagamento con anticipo e saldo e del 2016/idem rappresentano un passo indietro rispetto al passato, per i motivi (noti) di contrazione dei profitti da crisi petrolifera. Vediamo innanzi tutto un po’ di numeri.

Media storica del “dividend yield”

Prendendo come riferimento per l’anno iniziale di analisi il 1998 si ha questo valore di dividendo unitario rapportato alla media dei prezzi di chiusura del mese di dicembre dell'anno cui si riferisce: 5,39%.

D.y. (%)           (%)

Anno

2,9

1998

3,4

1999

3,2

2000

5,6

2001

5,2

2002

5,1

2003

4,9

2004

4,7

2005

5,0

2006

5,3

2007

7,6

2008

5,8

2009

6,1

2010

6,6

2011

5,9

2012

6,5

2013

7,6

2014

5,7

2015

5,4

2016

“Pay out” altalenante

Il rapporto tra il totale dei dividendi distribuiti e l'utile di esercizio si è sempre mostrato alto (mediamente superiore al 50%), sebbene altalenante, salvo nel 2015 quando divenne negativo a causa della situazione del mercato petrolifero.

Le date da ricordare

Il pagamento del saldo del dividendo 2016 sarà effettuato il 26 aprile 2017, con data stacco il 24 aprile, mentre quello dell’acconto relativo all’esercizio 2017 è previsto per il 20 settembre 2017, con data stacco il 18 settembre 2017.

Ora conviene?

Considerando gli 0,80 euro e rapportandoli al prezzo di apertura dei mercati di oggi (14,73 euro) si ottiene un “dividend yield” lordo del 5,43%, leggermente superiore quindi al valore storico. Si può fare meglio? Prima di rispondere dobbiamo indicare che il “target price” medio si aggira sui 17 euro, considerando il consensus di 32 analisti indipendenti. Gli stessi forniscono anche una stima di “dividend yield” del 5,4% per i prossimi anni, allineato cioè alla situazione attuale. In un quadro di petrolio di nuovo tendenzialmente debole, ma forse solo nel breve periodo, segnaliamo tuttavia che molti indici sono favorevoli per Eni, a cominciare da quello di una stima di “cash flow” per azione a 3,08 euro nel 2017 (+68% rispetto al 2016) e di 3,42 euro nel 2018 (+11,1% rispetto al 2017). Puntare quindi a un ulteriore indebolimento del titolo è strategico – come sempre – per il cacciatore di dividendi. L’area dei 14,3 euro manifesta di solito una certa volatilità, come accaduto all’inizio di febbraio. In caso di cedimento si riscontrano altri livelli chiave sui 13,8 euro e – in caso di successiva correzione – sui 13,2/13,3 euro. Il “dividend yield” aumenterebbe così alle seguenti percentuali:

14,3 euro: 5,6%

13,8 euro: 5,8%

13,3 euro: 6%

Considerando le prospettive di un possibile recupero nel tempo delle quotazioni su livelli più alti, Eni si rivela un buono strumento per incassare profitti abbastanza sicuri nel breve e medio termine.