“Risk on” o “risk off”: sell in “June” and go away! Ma per i profitti aziendali è boom


Bce, Fed, elezioni e petrolio: molte risposte verranno nelle prossime due settimane. Tuttavia il quadro economico di fondo resta assai positivo.

Cedole & dividendi

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Le borse come i cicli metereologici? Da tempo si dice che questi ultimi siano in ritardo, il che giustificherebbe autunni quasi estivi, inverni autunnali e così via. Sul fronte delle sequenze borsistiche si potrebbe pensare che stia avvenendo lo stesso. Il tradizionale maggio di fuoco quest’anno non si è visto, ma potrebbe essere sostituito da un giugno torrido. Sebbene i fondamentali dei mercati siano ancora del tutto favorevoli.

Vari appuntamenti stressanti attendono comunque i mercati e portano a una valutazione di “risk off”:

 1°) L’8 giugno sarà il giorno della Bce e dei funambolismi di Draghi per lasciare tutto com’è. Basterà però un aggettivo in più o in meno per scatenare reazioni isteriche da parte degli istituzionali, sfiancati da una politica monetaria in area euro che ormai non convince nessuno. Al punto tale che in Francia e Spagna c’è chi consiglia di indebitarsi a manetta sull’immobiliare, perché intanto i tassi resteranno a zero ancora per lungo tempo, mentre l’inflazione salirà e scenderà come un aereo da combattimento.

2°) Il 13 e il 14 sarà la volta della Fed. Fino a ieri si dava per scontato al 90% un aumento dei tassi. Adesso non più! Uno dei governatori della Fed, Lael Brainard, sostiene che l’inflazione – complice il petrolio – sta scendendo oltre Oceano e che a giugno ci potrebbe essere uno statu quo da parte della Yellen. Se ciò avvenisse, si scatenerebbe l’inferno e la credibilità di questa gente andrebbe ancor più sotto le suole dei piccoli e medi risparmiatori, stufi di commedie da teatrini di periferia (con tutto il rispetto per le periferie!). Ma c’è chi asserisce l’opposto: lo scatto ci sarà e verrà seguito da un ulteriore a settembre. Insomma confusione totale. Intanto la crescita dell'occupazione negli Usa ha rallentato il passo a maggio, deludendo per la prima volta da tre mesi le attese degli economisti, segno che il mercato del lavoro sta perdendo spinta, nonostante il tasso di disoccupazione sia sceso al 4,3%, il minimo da 16 anni.

3°) Elezioni in Gran Bretagna (8 giugno) e in Francia (primo turno 11 giugno), con esiti incerti. Macron forse ce la farà a portare a casa la maggioranza assoluta del Parlamento, con il Front National ridotto a non più di 10-15 seggi. Ma se così non fosse? E a Londra i sondaggi cominciano a essere incerti dopo le cantonate dell’anno scorso su Brexit. I cui fautori starebbero perdendo posizioni.

4°) Il petrolio è l’altra variabile pazza dei mercati. L’assurda decisione di Trump di respingere l’accordo di Parigi sul clima porterà le oil companies americane a produrre di più, alla faccia delle normative sul rispetto dell’ambiente? In tal caso il greggio potrebbe tornare su livelli nettamente più bassi rispetto agli attuali.

Questi quattro punti fanno temere un “sell in June”, sebbene ce ne siano altri e significativi che portano al “risk on”:

1°) Il “Purchasing Managers' Index” (PMI, indice composito dell'attività manifatturiera) sta toccando il punto più alto degli ultimi cinque anni in diversi Paesi, ma anche nell’Europa nel suo complesso.

2°) Il matrimonio perfetto di un ciclo economico globale in espansione, di tassi di interesse bassissimi, di un petrolio iper concorrenziale e di un dollaro affaticato prosegue. Si può chiedere di più?

3°) I risultati delle trimestrali 2017 sono molto favorevoli in tutto il mondo: +28% le grandi aziende giapponesi, + 23% le europee e +14% le statunitensi. Non solo c’è la crescita ma si assiste anche a un positivo andamento dei prezzi medi praticati sui mercati internazionali, il che è una novità di cui bisogna tenere conto. Le prospettive per i profitti dell’intero 2017 puntano a un +15% in Europa, +13% in Giappone e +10% negli Usa.

4°) La fiducia dei consumatori è al massimo dal luglio 2007, ma soprattutto ha cominciato ad aumentare solo di recente, cioè dallo scorso autunno e quindi è ancora “giovane” per dare segnali di stanchezza.

5°) Sui mercati c’è ottimismo e lo è di lungo periodo. Alcuni economisti ritengono che le potenzialità di crescita delle Borse si attestino sul 50% - soprattutto in Europa – nel prossimo decennio.

Quindi “risk on”? La divergenza fra quadro economico e contesto geopolitico porta a suggerire prudenza. Tutti i motivi di incertezza analizzati nei primi quattro punti – Bce, Fed, elezioni e petrolio – troveranno parzialmente una risposta nel corso del mese. Di qui il consiglio “sell in June”, sebbene la prima seduta sia stata molto positiva. Forse sarebbe più corretto dire “sell in the first two weeks”, nell’attesa della concretizzazione degli eventi descritti. Basterebbe che uno solo si scombinasse per assistere a possibili sommovimenti dei mercati. La statistica dice che su quattro fattori di incertezza almeno uno di solito va storto: per capire cosa potrà accadere bisogna attendere proprio poco. Almeno fino al 14 quando la Fed chiuderà queste due settimane ricche di motivi di esitazione.

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