“Risk-off” o “risk-on”: il barometro dei mercati segnala che…(14/5/2017)


Dai Vix alle valute e ai “dividend yield”: i modi per leggere lo stato di salute della finanza sono tanti. Ne mettiamo alcuni in fila fra loro.

Cedole & dividendi

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Le chiavi di lettura dei mercati sono infinite e ognuno può utilizzare le proprie. Oggi ve ne proponiamo alcune per capire se la situazione attuale è di “risk-off” o “risk-on”. Non si intende naturalmente fornire una verità assoluta, ma una serie di indicazioni per valutare il momento. Gli indicatori utili in tal senso potrebbero essere anche altri, che proveremo a seguire in futuro.

Dieci numeri per leggere la rischiosità dei mercati

S&P Vix – Si avverte un certo discutere negli Usa sul fatto che questo indicatore non sarebbe più attendibile, per motivi complessi (che magari spiegheremo in futuro). Per ora noi lo consideriamo però ancora uno strumento credibile. Venerdì è sceso ai minimi storici dal 2009, attestandosi poco sopra quota 11. Troppo basso per non preoccupare. I suoi eccessi – come noto – vanno letti in chiave opposta. E’ una specie di quiete prima della tempesta? Potrebbe essere e quindi lo si può interpretare come segnale di “risk-off” in previsione di possibili correzioni dei mercati, a cominciare naturalmente dal padre di tutti, l’S&P 500 appunto.

Dax Vix – Sotto il livello di 15 anticipa di solito una reazione più o meno violenta. Ora si attesta a 12,5. A marzo era sceso a 11, senza però dare adito a un successivo “downside” dell’indice tedesco. Una volta va bene, ma due? Visto che con l’S&P la chiave di lettura è stata pessimistica, con il Dax scegliamo una via di mezzo, cioè un po’ “risk-off” e un po’ “risk-on”. Un pareggio per non manifestare eccessivo disfattismo.

Stoxx 50 Vix – Anche l’Eurostoxx si trova nella stessa situazione del Dax. Il relativo indice di volatilità è ai minimi storici, sebbene un valore ancor più basso si sia manifestato a marzo. Ora si colloca a 13,8. Inevitabilmente la scelta è identica a quella dell’indice tedesco, cioè un po’ “risk-off” e un po’ “risk-on”. In realtà propenderemmo più per il primo.

10-2 Years Treasury Yield Spread – Se lo spread fra decennale e biennale dei Treasuries Usa scendesse sotto l’1% si registrerebbe un segnale di appiattimento della curva dei tassi reali, il che potrebbe anticipare tensioni, che si manifesterebbero anche sul fronte degli utili delle “corporate”. Ora si colloca all’1,04%, di nuovo in calo dopo il quasi 1,30% di inizio anno. Si sperava in un ritorno all’1,50%, che avrebbe comportato maggiore riequilibrio della curva, ma tutto quanto successo dopo l’ultima riunione della Fed è andato in direzione opposta. Niente di preoccupante, ma il segnale era inatteso e anche su questo fronte si manifesta un po’ di “risk-off” e un po’ di “risk-on”. Cioè incertezza.

S&P 500 Earning Yield – Misura la redditività dell’indice Usa, rapportando la media degli utili a 12 mesi per il valore del primo. Qui le notizie non sono buone, perché il dato si attesta al 3,95%, in calo ormai da anni e vicino a un supporto su cui di solito si è registrato un rimbalzo. In questo caso il segnale comincia a essere chiaro: “risk-off”.

S&P inflation adjusted – L’indice Usa per eccellenza rapportato ai prezzi reali, quindi al netto dell’inflazione, è ai massimi storici (2.391 punti) da sempre, il che non costituisce una sorpresa, visto che lo è anche l’indice “tout court”. Il problema è un altro: mettendo di seguito tutti i maledetti “black days” della Borsa Usa si nota una serie di massimi successivi di lunghissimo periodo. Ora se ne attende un altro? Impossibile dirlo, ma il segnale è chiaro: “risk-off”.

Russell 2000 dividend yield – Il rendimento dell’indice statunitense che include circa 2.000 titoli a media capitalizzazione (dai 530 milioni di $ a un massimo di 1,4 miliardi), così come calcolato da iShares, si attesta all’1,39%, valore modesto ma allineato alla media degli ultimi anni. In questo caso quindi è “risk-on”, pur con prudenza, perché lo “yield” appare poco soddisfacente, ma dovuto più alla forza del mercato, troppo caro, che all’incapacità delle aziende di produrre profitti.

Dollar Index – L’ indice del valore del dollaro statunitense rapportato a un paniere di valute occidentali (euro, yen, sterlina, ecc.) va visto non solo in chiave di numeri ma anche di trend. Sui 99,2 conferma che il biglietto verde è ancora molto forte, sebbene in fase di arretramento da inizio 2017. Le indicazioni di analisi grafica dicono “strong sell”, salvo sulla periodicità mensile. Il dollaro si indebolisce quindi, ma resta sopra livelli chiave. A 97,6 di Dollar Index scatterebbe una prima fase di debolezza strutturale e a 91,5 sarebbe tempesta. Nel frattempo (ammesso che ci si arrivi!) si resta indecisi fra “risk-off” e “risk-on”. E in effetti la valutazione globale di tutti i vari indicatori porta a un “neutral”.

Eur/Cny – Sempre sul fronte valutario ecco un indicatore per ora poco utilizzato, quello del rapporto di cambio fra euro e yuan cinese. Attenzione! Qualcosa sta succedendo nel senso che ha superato un livello oltre il quale per la nostra divisa parte una fase di forza. Si trova sui 7,59 Eur vs Cny, contro un “cross” di venerdì a 7,54. Qui è “risk-off”, perché se il movimento proseguisse sarebbero guai per le esportazioni Ue in Cina, proprio quando il gigante asiatico dà segni di risveglio. Ne patirebbero i giganti tedeschi e la media industria italiana.

Inflazione – Alla faccia della Sfinge Draghi, continua ad aumentare in area euro. I dati sono chiari: 1,8% a gennaio, 2% a febbraio, 1,5% a marzo e 1,9% ad aprile. I big della Bce dicono che è merito loro, sebbene non siano preoccupati del trend! No, è merito del petrolio e quindi si tratta di un segnale di cui tenere conto. Data la delicatezza del tema per noi vale un doppio “risk-off”.

In conclusioneTanti pareggi (e non per nostra incertezza nella valutazione!) e un doppio “risk-off” in chiave di inflazione europea: il tutto porta a un risultato chiaro, ovvero al netto successo del “risk-off” per 10 a 5, fra l’altro con non pochi punti conquistati dal “risk-on” grazie a verdetti pari. Il giudizio finale – basato su questa metodologia di analisi – dice: prudenza si impone!

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