La Fed stringe i cordoni...


EurUsd (PC: 1,1187)


La Fed, nella riunione del Fomc di mercoledì scorso, procede ad un ulteriore rialzo di 25 b.p., portando il tasso ufficiale all'1,00-1,25%. La vera novità consiste però nella dichiarazione della Yellen secondo cui la Fed procederà, seppur a ritmi molto lenti, alla riduzione del proprio Bilancio, fermo da ottobre 2014 a ridosso dei picchi storici pari a circa 4500 miliardi di dollari: ogni mese la Fed non reinvesterà 10 miliardi di titoli giunti a scadenza, iniziando così un processo di unwinding delle proprie posizioni.

La notizia, che rappresenta una grande novità, segnala la volontà della Banca Centrale di tornare, seppur molto lentamente, verso una politica monetaria un po' più equilibrata, dopo molti anni di iper-espansione. Le ripercussioni dovrebbero interessare tutte le asset class, a partire dai Treasury e dall'azionario.
Sul fronte valutario, la dichiarazione dovrebbe contribuire a mantenere il dollaro Usa in una posizione di forza relativa su orizzonti strategici.


In settimana, in corrispondenza della riunione Fed, l'EurUsd si è nuovamente portato al test della resistenza critica a 1,1300 (nuovo massimo 1,1297-1,1299 mercoledì e giovedì u.s.), per poi ridiscendere velocemente, sulle dichiarazioni Fed, verso 1,1130; sul finire d'ottava, tuttavia, le quotazioni sono poi risalite verso 1,1200. L'ennesimo nulla di fatto, quindi, che conferma però la rilevanza della resistenza a 1,1300, livello che aveva già contenuto lo sbuffo rialzista nelle prime ore successive alla vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali dell'8 novembre. Finché l'eurusd rimane al di sotto di tale soglia mancano quindi segnali chiari di rinnovata forza della divisa unica su orizzonti plurimensili. 


L'impostazione tattica rimane comunque a favore dell'euro, purché eventuali storni si mantengano al di sopra di 1,0950. Un segnale distensivo convincente si avrebbe solo alla violazione del forte supporto a 1,0840, al momento improbabile.
Nonostante l'indebolimento degli ultimi mesi, strategicamente il dollaro USA rimane ancora una divisa forte, grazie alla divergenza tra le politiche monetarie delle due Banche Centrali, con la Bce tendenzialmente più espansiva della Fed.
Da aprile, tuttavia, le iniezioni di liquidità della Bce sono scese da 80 a 60 miliardi di euro al mese, e sono destinate a terminare, se il programma non sarà ulteriormente prolungato, a fine 2017: in prospettiva ciò potrebbe portare ad una stabilizzazione dell'euro su orizzonti strategici. Le prospettive di un tapering da parte della Bce, alla luce anche della risalita dell'inflazione nell'area euro verso l'1,9%, potrebbero però scemare in caso di una prosecuzione della  risalita dell'euro, che avrebbe infatti un impatto di contenimento della ripresa dell'inflazione. In tal senso un rialzo dell'euro tenderebbe ad auto-frenarsi e non sembra quindi possa avere sviluppi rialzisti importanti.

OPERATIVAMENTE: è opportuno mantenere posizioni lunghe strategiche sul dollaro USA; ridiscese dell'eurusd verso 1,0800/0840 sarebbero un'occasione di alleggerimento delle posizioni in dollari in ottica tattica.

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)