La BCE e il dilemma dei tassi


Gli aspetti più importanti e spinosi di questi giorni riguardano senz’altro i dazi USA versus il settore auto, in particolare quello tedesco, e le deteriorate condizioni economiche della UE che potrebbero costringere la BCE a correre ai ripari in tema di tassi. Ma andiamo con ordine.

Intanto, per voce del capo-economista della BCE sappiamo che la c.d. “guidance” sui tassi BCE potrebbe presto subire variazioni nel caso di ulteriore deterioramento delle condizioni economiche nell’Eurozona. Tale dichiarazione segue a stretto giro la conferma della necessità per la Banca Centrale di varare una nuova asta T-Ltro sebbene formalmente non sia stato ancora fatto nessun annuncio.

Il quadro d’insieme inizia a suggere che tra le riunioni di marzo e di aprile prossimi, Draghi sarà molto probabilmente costretto sia a comunicare il lancio della nuova asta T-Ltro con cui iniettare liquidità alle banche dell’area, sia a proporre un comunicato modificato sulla guidance relativa ai tassi, il cui primo rialzo è atteso dai mercati non prima dell’estate 2019. Tuttavia, alla luce di queste nuove dichiarazioni in molti iniziano a pensare che molto difficilmente la BCE inizi la stretta monetaria quest’anno.

E così, mentre l’Italia è in conclamata fase recessiva, la Germania teme per l’industria automobilistica, che non solo si trova già in difficoltà per l’introduzione di standard internazionali più stringenti riguardo alle emissioni inquinanti ma soprattutto rischia grosso con le misure previste da parte degli USA. Infatti, alcuna stampa ha riportato la notizia secondo cui sul tavolo di Trump è arrivato il dossier sulle auto, a firma del segretario al commercio, in base al quale le importazioni dall’Europa rappresenterebbero una “minaccia alla sicurezza nazionale”.

Per protocollo, la presidenza ha 90 giorni di tempo per decidere cosa fare: o dare diretto seguito all’ipotesi già ventilata di portare i dazi sulle auto europee al 25% oppure farlo in misura minore ma al contempo sostenendo l’industria nazionale. Trump pare intenzionato a “trattare”, ma a pensar male vuol dire che la sua intenzione sia quella di tenere per mesi l’UE sulle spine per fare pressione sulla Germania al fine di spuntare un accordo migliore.

Per cui, in estrema sintesi, la situazione è tutt’altro che rosea per la Germania – e di conseguenza per il resto dell’Europa – a livello di crescita economica e ne deriva, giocoforza, che il nostro Draghi tutto può permettersi tranne che di lasciare la carica a fine mandato con un bel rialzo dei tassi. Ad onor del vero ci sarebbero oggi più necessità per un taglio dei tassi: peccato che i tassi siano già stati già azzerati illo tempore e poi maldestramente lasciati a languire sul fondo quando l’economia ha ripreso a crescere. E il tutto per inseguire la chimera del 2% di inflazione che comunque non è stato raggiunto.

Un bel rebus per la BCE ora, e come sempre vedremo come andrà a finire solo tra un po’ di tempo. Intanto i mercati galleggiano bene o male sulle loro posizioni con qualche spunto modesto al rialzo per alcuni asset. Il nostro portafoglio si adegua e trae qualche vantaggio dagli upside di alcuni titoli e ai prezzi correnti di mercato ha un NAV pari a 112,06 rispetto ai 111,61 della scorsa valorizzazione.

Viste le molte incognite in gioco rimaniamo ancora liquidi con una buona parte del portafoglio, in attesa di avere le idee più chiare sugli sviluppi delle varie questioni e quindi poter ragionare in ottica prospettica strategica in modo ragionato.

Portafoglio aggiornato nell’apposita sezione.