Goldman Sachs non vede recessione.


Non è una novità che da qualche tempo a questa parte la curva dei rendimenti USA si sia invertita, con i titoli a brevissimo termine che rendono di più dei titoli decennali. Dalle statistiche e dalla storia sappiamo che la curva invertita non è un bel segnale e sei recessioni su sei negli USA sono state anticipate dall’inversione della curva dei rendimenti.

Tuttavia, oltre al fatto che la comunità finanziaria è costantemente spaccata a metà tra coloro che ritengono l’inversione un evento funesto e coloro che invece la pensano all’opposto, è anche vero che il tratto di curva più pertinente per questo tipo di osservazioni è lo spread 10-2 anni, che al momento è ancora perfettamente positivo anche se in netta riduzione rispetto ai mesi scorsi.

Ad ogni buon conto, Goldman Sachs è della parrocchia di chi ritiene che l’inversione della curva di per sé non indichi nulla di particolare, anzi. Infatti, GS ritiene che l'inversione della curva dei rendimenti potrebbe persistere ancora per qualche tempo sul mercato e imputa la “responsabilità” dell’inversione alla FED che ha inaspettatamente sospeso il ciclo restrittivo inducendo il mercato a prezzare scorrettamente i rischi. Non di meno, gli economisti di GS sono convinti che la crescita ripartirà nei prossimi mesi e quindi la FED risulterà spiazzata.

Ne consegue che la banca USA ha rivisto le sue previsioni sui tassi che per i T-Bond a 10 anni vedono rendimenti al 2,80% per il 2019 (in precedenza era il 3%); tutta la curva in realtà ha visto ritocchi al ribasso, con le scadenze a 2, 5 e 30 anni – sempre per il 2019 – con rendimenti ora visti rispettivamente al 2,45%, 2,40% e 3,10%.

Per ciò che riguarda l’Europa, GS sostiene che i rischi sulle dinamiche dei tassi siano più equilibrati. Naturalmente imputa il crollo dei rendimenti – soprattutto sul Bund che è tornato a rendimenti sotto zero – alle parole di Draghi in merito ad una valutazione negativa sulla crescita economica nonché all’urgenza di varare nuove manovre T-Ltro.

Goldman ha inoltre osservato come il calo dei tassi swap nell’area Euro sia stato principalmente determinato da un calo sia nelle aspettative dell'inflazione sia nella obiettiva debolezza della stessa, il che fa ritenere alla banca USA che la BCE si manterrà accomodante.

Situazione in evoluzione comunque, poiché fermo restando le ipotesi e le stime gli occhi sono ovviamente puntati su ogni minimo dettaglio dei dati macro, i quali una volta snocciolati valgono più di qualunque proiezione.

Tornando al nostro portafoglio, torniamo a salire dopo la lieve correzione della scorsa settimana e ci riportiamo in prossimità del nuovo massimo storico registrato a fine marzo in area 113,30. Ai prezzi correnti di mercato il NAV odierno vale 113,15 in progresso del 2,28% da inizio anno e in progresso del 3,96% dai minimi di novembre.

Come ribadito anche nel Webinar di lunedì (e cogliamo l’occasione per ringraziare ancora il numerosissimo pubblico che ci ha seguiti), rimaniamo ancora liquidi in attesa di capire quali dinamiche potrebbero influenzare l’andamento dei mercati e, soprattutto, in quale direzione.

Portafoglio come di consueto aggiornato nell’apposita sezione.