Mercato obbligazionario: un Btp come cartina di tornasole


Ce ne eravamo già occupati in un precedente articolo, e oggi torniamo a dare uno sguardo allo stato di salute del nostro debito pubblico, o meglio, a cercare di capire l’impatto del debito sui conti. Il periodo è tornato ad essere propizio ai nostri titoli governativi, dopo l’esito delle elezioni regionali, e infatti lo spread è crollato e il benchmark decennale rende ora sotto l’1%.

Secondo un’analisi proposta da alcuna stampa specializzata, il Btp a 7 anni è per l'Italia un termometro efficace per capire l'impatto del debito pubblico cui nostri conti. Vediamo perché, ricordandoci che la scadenza media dello stock del nostro debito si aggira intorno ai 7 anni.

Nel 2019, il costo medio ponderato del debito pubblico emesso dal Tesoro è stato dello 0,93%, in calo dall’1,07% del 2018. Dato che i costi di emissione – intesi come interessi da pagare – sono strettamente connessi all’andamento dei nostri governativi sul mercato secondario, l’analisi in parola ritiene che un modo per monitorare la variazione dei primi sia seguire i secondi, osservando la scadenza più rappresentativa.

Come detto, il nostro stock di debito ha una vita media ponderata di poco meno di 7 anni; pertanto, il Btp a 7 anni sarebbe rappresentativo del costo medio complessivo del debito pubblico italiano, come il Btp scadenza dicembre 2026 con cedola 1,25% (ISIN: IT0005210650) che ha vita residua di 6 anni e 11 mesi. Attualmente il suo rendimento è dello 0,56%, in calo rispetto alla media del mese di gennaio dove ha offerto lo 0,86%.

Ad ogni buon conto, a prescindere dal fatto che si prenda il dato mensile medio o l’ultimo, in entrambi i casi siamo di fronte ad una percentuale inferiore rispetto allo scorso anno, cioè abbiamo risparmiato dei soldi. Poi è chiaro che se il programma di nuove emissioni per il 2020 (245 Mld Euro complessivi a medio-lungo termine) fossero emessi allo 0,86% il risparmio rispetto al 2019 sarebbe di circa 170 Mln Euro, ma se potessimo emettere debito allo 0,56% attuale il risparmio salirebbe a ben 900 Mln Euro, che a occhio e croce fa circa mezzo decimale del PIL.

Questo, naturalmente, se il Tesoro decidesse di mantenere inalterata la vita media residua dello stock. Ma, come abbiamo già più volte commentato su queste colonne, sarebbe necessario per il nostro Paese allungare la vita media dello stock di debito, per diverse ragioni. Innanzitutto, oggi come oggi, emettere titoli lunghi è conveniente. Infatti, ad esempio, oggi ci costerebbe meno emettere un titolo a 50 anni rispetto all’emissione di un 5 anni nel 2010.

E quindi, parrebbe logico – a parità di spesa per interessi – puntare sui titoli più longevi, con il doppio vantaggio di ridurre le emissioni nei prossimi anni (esponendoci quindi in misura inferiore alla volatilità dei mercati) e dare un buon segnale agli investitori in merito alla maggiore sostenibilità del nostro debito. Poi, si sa, il nostro è un Paese strano, con un’economia che arranca e che stressa il deficit. Per cui, chi sa se mai si riuscirà a gestire in modo più efficiente il debito…

Torniamo ora alle nostre analisi, con la nostra consueta lettura del mercato obbligazionario attraverso la ZC-Yield Curve. Crollano i rendimenti rispetto alla nostra ultima analisi, in misura piuttosto consistente. I rendimenti sono ora negativi sino alle scadenze 2030; il tratto a lunga scende verso area 0,40% di rendimento per le scadenze 2050; la scadenza a 10 anni torna in negativo e scende a -0,01%. La curva nel suo complesso torna ad appiattirsi leggermente sul tratto a lunga, rimanendo invece più ripida sulla parte a breve. Scendono anche i forward su Euribor 6 mesi che sul tratto a lunga si portano ora in area 0,90% rispetto ad area 1,04% della scorsa rilevazione, e sul tratto a breve si torna a scendere verso area -0,40%.

In decisa contrazione anche i rendimenti dei governativi decennali e gli spread contro Bund, con movimenti in alcuni casi degli di nota. Il rendimento del decennale tedesco torna a contrarsi in modo significativo ed è in area -0,40%; il rendimento della Francia va al -0,14% e quello dell’Irlanda scende a -0,12%. Scendono anche i rendimenti della Spagna che va allo 0,27% e quelli del Portogallo che si porta allo 0,30% di rendimento. In netta contrazione il rendimento dell’Italia che ora offre meno dell’1,00%. A livello di spread Vs Bund abbiamo Portogallo, Spagna e Italia rispettivamente a 70 bps, 67 bps e 136 bps.

Osservando – a livello di analisi integrata – le curve dei rendimenti dei principali benchmark decennali osserviamo un quadro in movimento che dà l’impressione di possibili mutamenti. Il nervosismo sull’area UK fa nuovamente cambiare stato al modello Trendycator, e la dinamica dell’area Bund è da osservare con debita attenzione. Torna quindi NEUTRAL (grigio) il modello sull’area UK, che ha quindi negato per ora il fatuo superamento della resistenza a 0,80% con il Gilt che ora offre meno dello 0,60%. Trendycator sempre NEUTRAL sull’area BUND con il rendimento del decennale tedesco che però affonda verso area -0,40% e si avvicina al supporto di area -0,50%. Exploit del nostro Btp, agevolato dai risultati elettorali, con il rendimento che sprofonda sotto l’1% e con Trendycator sempre SHORT. Infine, tornano a scendere anche i rendimenti USA, con Trendycator che si mantiene SHORT sul decennale che ora è nei pressi di area 1,60%.

Bond Weekly Ranking
Riprendiamo l’analisi sotto forma di ranking dei bond con rating sotto l’investment grade, a caccia di idee da rapporto rischio/rendimento un po’ spinto. Il ranking considera i bond in Euro con scadenza dal 01.01.2021al 31.12.2026, aventi rating da BB+ sino a CCC+ e con rendimento minimo del 4,00% lordo.

ATTENZIONE: si rammenta che i bond High Yield hanno un rischio spesso non trascurabile in termini di Credit Risk, per cui non sono da considerarsi come suggerimenti operativi, bensì come mere segnalazioni che non saranno poi seguite in modo organico. Pertanto, chi decidesse di prendere spunto da tali segnalazioni dovrà poi seguire in via autonoma l’andamento del titolo e le eventuali notizie relative all’emittente, controllando con frequenza il mercato.