Royal Dutch Shell, un’occasione da cogliere o una crisi senza fine?


Un gigante ferito dal Covid e da alcuni errori di gestione. Resta tuttavia una società leader mondiale nel settore energetico e già impegnata in una diversificazione delle fonti.

Cedole & dividendi

Il grafico è impietoso. Le azioni Royal Dutch Shell sono sui minimi storici degli ultimi dieci anni e non sembrano voler almeno un po’ di vigore almeno quando altre petrolifere salgono. I motivi all’origine di una simile debolezza sono vari ma prima è il caso di specificare il perché si è detto “azioni” invece di “azione”. In effetti le RDS sono ben sei, il che può provocare qualche confusione.

1°) Classe A trattata ad Amsterdam: quotazione in euro, dividendi in euro con ritenuta del 15% alla fonte;

2°) Classe B trattata ad Amsterdam: quotazione in euro senza ritenuta alla fonte;

3°) Classe A trattata a Londra: quotazione in sterline, dividendi in sterline (ma è disponibile un’opzione in euro) con ritenuta del 15% alla fonte;

4°) Classe B trattata a Londra: quotazione in sterline, dividendo in sterline (ma è disponibile un’opzione in euro) senza ritenuta alla fonte;

5°) Class A Adr trattata a New York: quotazione in dollari, dividendo in dollari con ritenuta 15% alla fonte;

6°) Classe B Adr trattata a New York: quotazione in dollari, dividendo in dollari senza ritenuta alla fonte.

È inoltre disponibile un’opzione aggiuntiva: consiste nell’iscrizione al cosiddetto programma di “dividend scrip”, che prevede il pagamento dei dividendi direttamente in azioni.

Ciascuno può quindi scegliere la soluzione che meglio si adatta alle proprie necessità in funzione di valuta e fiscalità.

Fatte tutte queste precisazioni, è indubbio che – considerando la tipologia B – il titolo è tornato sul supporto importante dei 10 euro (più precisamente 10,04 euro), con molti indicatori tecnici impostati negativamente. Eppure, valutando oscillatori e medie mobili, qualcosa di favorevole comincia a registrarsi: su base “daily” si inizia a registrare un “buy”, mentre su quella “weekly” il segno “sell” è ancora dominante.

Cosa c’è dietro

La crisi trova un acceleratore certamente negli effetti nefasti che il Covid ha avuto sul settore petrolifero sia a monte (raffinazione) sia a valle (vendita di prodotti), con la conseguenza che i profitti della società sono crollati di circa l’80%. È pur vero che l’intero comparto ne ha risentito, con due sole Compagnie riuscite a registrare almeno un modesto utile rettificato: si tratta appunto di Royal Dutch Shell e di Total. In realtà il maggiore problema, che sta alla base della reazione degli investitori, si chiama dividendi. La società aveva promesso a marzo che sarebbero rimasti invariati, anche perché in continua crescita dalla fine della seconda guerra mondiale. Come si sarebbe potuto cancellare un simile primato? Assicurazione non mantenuta: dopo esattamente un mese la società annunciava infatti una decurtazione del dividendo del 66%! Attualmente lo si può comunque stimare dell’ordine di un 7%, salvo ulteriori tagli.

Errori di comunicazione

Il mercato ha letto molto male questa decisione, poiché da tempo (tre anni) si prevedeva che l’importo dei dividendi sarebbe rimasto quanto meno stabile. Quindi già qualcosa stava girando nella direzione sbagliata. Alla base del tutto c’è stata in effetti l’acquisizione di BG Group per 53 miliardi di dollari. Una delle ex leader mondiali dell’estrazione di gas è risultata un boccone difficile da digerire, in quanto ha comportato una ristrutturazione delle attività estrattive, con un parallelo declino per la capogruppo dei pozzi attivi e redditizi. Gli analisti ritengono che in realtà l’errore più clamoroso sia consistito nel riacquisto di azioni durante fasi in cui il titolo era caro, cioè nel 2018 e nel 2019. Ora la società sembra intenzionata ad avviare un notevole programma di diversificazione nelle fonti rinnovabili ma lo sta facendo in un quadro di impegni non ancora molto chiari. Tutto ciò non esclude che il titolo sia oggi sottovalutato – e non di poco – e che in prospettiva futura possa riservare interessanti margini di profitti. Perché ciò avvenga occorrerà tuttavia almeno due anni, operando con strategie di piani di acquisto di medio-lungo termine sulle debolezze di prezzo o meglio su ulteriori debolezze di prezzo. La situazione quindi è complessa ma Royal Dutch Shell resta un gigante, seppur indebolito dal Covid e da alcuni errori di gestione. Un caso in conclusione che merita attenzione.