Mercato obbligazionario: si allunga la lista dei default sovrani nel 2020


Il 2020 ha visto purtroppo alcuni default sovrani, con Argentina, Libano, Ecuador, Belize e Suriname, a cui si aggiunge ora anche lo Zambia. Il Paese, che era in difficoltà con il rispetto delle scadenze, è andato ufficialmente in default allo scadere del termine di 30 giorni del periodo di garanzia in merito al pagamento di una cedola da 42,5 Mln USD.

Lo Zambia aveva naturalmente cercato di arrivare ad un accordo con i creditori, proponendo loro il rinvio dei pagamenti per sei mesi, spostandoli ad aprile 2021. Offerta che però è stata rispedita al mittente, anche perché degli oltre 11 Mld di debito estero del Paese, 3 Mld sono in mano alla Cina, la quale ha prestato denaro al Paese africano attraverso le sue banche statali, e non vuole saperne di accordare allo Zambia sospensioni dei pagamenti.

Il Fondo Monetario Internazionale non ha modo di intervenire, poiché il governo non intende aderire ad alcun accordo per ottenere un prestito e superare la congiuntura. Tuttavia, l’FMI evidenzia che i default sovrani si stanno moltiplicando, anche perché rispetto al passato si hanno maggiori difficoltà a gestire le crisi fiscali. Non di meno, fino a non molti anni fa i creditori erano generalmente istituzioni finanziarie occidentali, mentre ora i debiti sono letteralmente polverizzati tra una miriade di obbligazionisti con interessi spesso tra loro divergenti e difficilmente coordinabili.

In prospettiva, questa situazione immobilizzante, potrebbe portare cambiamenti regolamentari nei rapporti creditori/Stato per tutti i bond sovrani. In che modo? Semplice: l’FMI potrebbe decidere di rafforzare strumenti come le Clausole di Azione Collettiva (CACs) e favorire processi di pari trattamento tra i debiti commerciali e quelli di natura finanziaria. E se non bastasse, l’istituto non esclude di varare una noma che assegni agli emittenti sovrani una sorta di protezione dai creditori riluttanti, cioè da coloro che non accettano le condizioni offerte dagli Stati in merito alla ristrutturazione del debito.

E questo potrebbe essere un problema, che andrebbe a innalzare – di riflesso – il cosiddetto Credit Risk, soprattutto per i Paesi con bilanci non perfettamente in ordine. Infatti, misure di questo tipo rischiano di accentuare il divario tra Stati solidi e Stati considerati più deboli. Di fatto, siamo di fronte ad una “cura” che potrebbe essere peggiore del male. Se da un lato queste misure potrebbero accelerare i tempi di risoluzione delle crisi, dall’altro lato è pacifico che gli investitori tenderebbero a scartare i bond emessi dagli Stati in condizioni finanziarie più difficili.

Non è un segreto che anche l’Unione Europea vorrebbe intervenire sulle CACs, ma chiaramente dal Sud Europa arrivano le maggiori resistenze, essendo di fatto l’area più esposta alla potenziale sfiducia dei mercati. Pertanto, è chiaro che su questo argomento – si spera – si vada con i piedi di piombo, a maggior ragione ora che le economie e i bilanci statali sono messi alla corda dall’emergenza pandemica, che purtroppo si riverbererà per lungo tempo tenendo sotto pressione i debiti governativi.

Analisi ZC-Yield Curve
La lettura della ZC-Yield Curve, questa settimana, mostra una lieve risalita dei rendimenti, più accentuata sul tratto a lunga. Dopo alcune settimane di curva “sott’acqua” con rendimenti negativi per tutte le scadenze, questi tornano ad allargarsi di qualche bps, ma senza cambiare minimamente il quadro complessivo. La scadenza a 10 anni pur rimanendo in territorio negativo vede ora il suo rendimento in area -0,23% mentre la scadenza trentennale torna in positivo e passa dal -0,03% allo 0,03% di rendimento. Rimane stabile la forma della curva, come la osserviamo ormai da diverso tempo, ripida il giusto sino alle scadenze 2038-2040 per poi presentare rendimenti decrescenti a partire dalla scadenza 2043; la curva esprime ora il massimo rendimento poco sopra area 0,05% per le scadenze 2042-2043 in leggera salita rispetto alla scorsa rilevazione. In leggera salita anche per i tassi forward su Euribor 6 mesi, che sul tratto a lunga sono ora poco sopra area 0,40% rispetto allo 0,30% della scorsa analisi, e con il tratto a breve che si porta più vicino ad area -0,50%.

Analisi Integrata Trendycator
Osservando – a livello di analisi integrata – le curve dei rendimenti dei principali benchmark decennali, si confermano i cambiamenti in divenire per l’area UK e l’area USA, mentre nulla cambia per l’area Euro. Sull’area UK i rendimenti superano la resistenza in area 0,30% e strappano fino a 0,40% per poi assestarsi poco sopra 0,30% facendo anche ambiare lo stato del modello Trendycator direttamente da SHORT a LONG. Riprende la sua lateralità il BUND, con il modello Trendycator stabilmente SHORT e con il rendimento del decennale tedesco in altalena tra area -0,60% e area -0,50%. Ancora bene il nostro Btp, con i rendimenti che hanno ripreso a contrarsi con costanza, grazie anche allo spread ridimensionatosi a 120 bps; il rendimento del decennale è ora nei pressi dello 0,60% con Trendycator sempre SHORT per la nona settimana consecutiva. Confermato il cambia dell’impostazione degli USA, dopo l’esito delle elezioni che hanno visto trionfare Biden: i rendimenti hanno infatti proseguito la marcia al rialzo e ora gravitano poco sotto area 0,90% con Trendycator che dopo due anni ha definitivamente abbandonato lo SHORT e diventa LONG. Prime avvisaglie di un cambio in ottica strategica, anche se un po’ in contrasto con la politica monetaria della FED. Da osservare con attenzione.

Bond Governativi Mndo Weekly Ranking
Analisi sotto forma di ranking dei bond governativi mondiali con qualunque rating. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione.

Questa settimana, visto il cambio di impostazione, ci dedichiamo ai governativi USA con l’intento di stabilire delle linee guida in ottica strategica, posto che gli asset in USD non mancano quasi mai nei portafogli degli investitori e traders.

Del decennale abbiamo già detto nella sezione dedicata all’analisi integrata Trendycator, per cui qui ci occupiamo del cambio EUR/USD, dato che se i rendimenti dei governativi dovessero anche crescere lentamente potremmo agire sulla “leva” del cambio. Infatti, è al momento difficile credere che i T-Bond possano vedere i rendimenti decisamente in alto, vista la politica monetaria della FED.

Vero, il modello Trendycator ci sta avvisando che siamo di fronte ad un cambio potenziale di scenario, e questo va tenuto in considerazione. Ma il modello può tranquillamente rimanere LONG senza che i tassi schizzino necessariamente al rialzo. E’ sufficiente una fase di moderata forza con un trading range più o meno stretto per far sì che Trendycator rimanga verde.

Bene, fatta questa precisazione, occupiamoci del cambio EUR/USD e analizziamo la sua impostazione. Come si vede dal grafico qui sotto, il trend è nettamente a favore del nostro euro, che da diverse settimane a questa parte ha trovato una buona forza. Anche il modello Trendycator indica chiaramente questa condizione, essendo LONG da fine luglio scorso.

  

Tuttavia, nonostante questo impulso rialzista il nostro euro non ha saputo portarsi oltre la resistenza di 1,20 che è livello tecnico ma anche livello “psicologico” e forse di “equilibrio” tacito tra FED e BCE. Però non possiamo fare affidamento, naturalmente, su possibili agreement nella stanza dei bottoni, per cui non fidiamoci troppo di questi rumors o illazioni.

Resta comunque il fatto che al momento il cambio EUR/USD pare aver trovato un certo confort nell’oscillare all’interno del trading range 1,16/1,19 anche perché dopo lo spike di inizio settembre il valore di 1,20 non si è più visto. Questa situazione, unitamente ai rendimenti in salita dei governativi USA non è particolarmente favorevole e allettante per noi investitori/traders in euro.

Tuttavia, la situazione va tenuta monitorata, poiché sotto 1,16 si aprono scenari interessanti per la valuta USA contro euro, e senza necessariamente puntare sui Treasury a medio-lungo termine – nel caso dovesse continuare la loro debolezza – possiamo scegliere tra un paniere nutrito di governativi a breve scadenza, che naturalmente hanno un rischio tasso quasi trascurabile.

Strategicamente, pertanto, potrebbe essere un’idea non peregrina accumulare bond USA a breve termine quando il cambio è vicino a 1,19/1,20 ponendo un primo livello di stop protettivo oltre l’attuale resistenza. Altro punto interessante per accumulare posizioni in USD è il livello di EUR/USD in area 1,26 nel caso la forza dovesse incrementarsi e la resistenza a 1,20 essere superata.