Novità dal Recovery Fund e aggiornamento portafoglio


Torna ad alzarsi il polverone sul Recovery Fund, man mano che si chiariscono alcuni dettagli che, purtroppo, ridimensionano di molto la portata della bontà del provvedimento nato per combattere la crisi economica scatenata dal COVID-19.

Giusto per rimettere in ordine alcuni tasselli, dopo l’accordo franco-tedesco su 500 Mld, la Commissione europea aveva poi alzato il tiro, presentando una proposta autonoma più generosa e pari a 750 Mld di euro da raccogliere sui mercati con emissioni obbligazionarie, cioè di fatto debito comune.

Di questo fondo, una quota significativa sarebbe suddivisa tra gli Stati in forma di sovvenzioni (cioè prestiti a fondo perduto), mentre un’altra quota distribuita a mezzo di prestiti veri e propri. L’Italia, si era letto, sarebbe risultata la prima beneficiaria con aiuti complessivi per 172 Mld, di cui 82 in qualità di sovvenzioni e circa 90 di prestiti a lungo termine.

In realtà pare ora che i numeri sarebbero ben diversi, ma soprattutto è la sostanza che pare essere radicalmente cambiata. Senza addentrarci nei numeri e nei rumors, la sintesi è la seguente: per parola del vice-presidente della Commissione UE Dombrovskis, “l’esborso delle risorse del Recovery Fund avverrà dopo il raggiungimento degli obiettivi fissati nei piani nazionali per la ripresa”.

Ovvero, gli Stati che riceveranno risorse dal fondo dovranno sottoscrivere un decalogo di misure e riforme da varare per ottenerle. Il loro stanziamento effettivo avverrebbe a rate, man mano che i vertici del fondo avranno verificato l’ottemperanza da parte dei governi. DI fatto, ne più ne meno di quanto accade già da anni con la Troika (UE, BCE e FMI).

Per cui, pare che chi immaginava che le risorse ci sarebbero arrivate in un’unica soluzione e subito (e senza condizioni…) rimarrà deluso. Infatti, i 172 Mld totali sarebbero diluiti fino a un massimo di 7 anni, guarda caso esattamente pari alla durata del prossimo bilancio comunitario 2021-2027 a cui risultano di fatto collegati.

Come sempre, staremo a vedere cosa accade nella pratica, ma intanto ecco un’ulteriore conferma della totale e assoluta inattendibilità dei proclami di questa Europa (in realtà della politica in generale…) che prende al volo l’occasione per dimostrare ancora una volta la inadeguatezza e la sua ormai irrecuperabile credibilità.

Detto questo, consoliamoci con il nostro portafoglio, che continua a salire e a macinare utile senza sosta. Piano piano, senza eccessi siamo su un nuovo massimo storico e le posizioni sinora inserite si stanno comportando egregiamente.

Al close di ieri il NAV del nostro portafoglio è pari a 100,88 in ulteriore progresso rispetto ai 100,86 della scorsa valorizzazione, e rappresenta – come detto – il nuovo massimo storico. Tabella e grafico dell’equity line aggiornate nella consueta sezione “Portafoglio”, ove è stata anche aggiunta la sintesi del rendimento del “vecchio” portafoglio Rischio Contenuto.

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