L’indiscreto di Borsa ● 10 azioni per tutti i tempi ● Bitcoin, come andrà? ● Bond si può guadagnare?


Se la situazione peggiorasse ecco dei titoli a basso impatto da panico, validi comunque in ogni frangente. Una sintesi delle stime per la quotazione della criptovaluta d’eccellenza nei prossimi anni. Obbligazioni emergenti: la sfida riparte da qui? 

Hot markets

Questo mio contributo domenicale è l’ultimo a LombardReport, perché altre scelte di vita mi impongono dei cambiamenti. Ringrazio i tantissimi lettori che mi hanno seguito con fedeltà per cinque anni e ringrazio naturalmente LombardReport per la fiducia accordatami.    

I giorni pazzi di Wall Street sono un segnale da interpretare da molti punti di vista. Analizziamo solo quelli tecnici, per non addentrarci nelle chiacchiere. In questo momento a New York si torna a guardare con apprensione a due termometri della paura, Vix e Put/Call ratio.

Vix – Il valore della volatilità implicita dell'indice S&P 500, calcolata come media ponderata di quella prezzata dalle relative opzioni, ha toccato uno degli apici degli ultimi tempi, salendo a 33, cioè sopra quota 20-25, oltre cui si diffonde l’apprensione, sebbene ben lontano dai massimi storici. Tutti i relativi indicatori tecnici sono scattati sul “buy”, il che non è un suggerimento di collocarsi in acquisto su strumenti riferiti appunto al Vix (i quali si basano su meccanismi sottostanti complessi da analizzare) quanto una fotografia del momentaneo livello di tensioni relativamente al mercato Usa. Per rompere un vero livello tecnico in cui la “paura” si trasformi in “terrore” il Vix dovrebbe salire oltre i 45, cioè ben sopra i 33 della chiusura di venerdì. Da notare che – su base “weekly” – tutte le medie mobili sono state però rotte al rialzo, dalle più lente alle più veloci. C’è quindi una situazione di nervosismo ma non di iper nervosismo. Quest’ultimo scatterebbe - in base al calcolo di riferimenti matematici – sopra i 36 e successivamente dopo quota 41 per considerare un’ultima resistenza sui già citati 45.

Put/Call ratio - L'SPX Put/Call ratio è un secondo indicatore utilizzato per valutare il sentiment del mercato. Si riferisce al rapporto tra posizioni su opzioni put e opzioni call riferite all’S&P 500. Un valore alto può indicare paura nei mercati, mentre un rapporto basso designa fiducia. Essendo un indicatore contrarian, cioè opposto all’andamento dell’indice, se sale sopra 1 dà un segnale di allarme poiché significa in parole povere che il mercato propende a una maggiore protezione. Dopo un picco il 26 gennaio a 2,35 il ratio è sceso a 1,71, leggermente superiore alla media degli ultimi mesi.

La vera preoccupazione – La maggiore anomalia è però un’altra. Consiste nell’S&P 500 Earnings Yield, cioè nell’utile per azione dell’indice di riferimento Usa, quello che fotografa l’economia reale. E’ sceso negli ultimi tempi una volta di più quasi ai minimi storici, con un valore di 2,64 contro una media storica di 7,3, comprovando come l’azionario Usa sia carissimo, seppur su questo incida l’eccezionalità dell’intervento Fed.

Dieci azioni quanto meno solide

In un simile contesto di incertezza ecco dieci titoli a elevata capitalizzazione con business solidi e poco esposti ai possibili picchi di volatilità dei mercati, “stock” cui sta guardando Wall Street per l’area in Usd e l’Europa per quella in Eur, in un’ottica perciò di stabilità. Le relative posizioni sono aumentate da dicembre in molti fondi e gestioni patrimoniali. Anche loro possono soffrire ma tendenzialmente meno rispetto agli indici di riferimento.

Azione

Settore

Perché piace

Consolidated Edison (Nyse ED – ultima quotazione 70,8 $ - da inizio anno -2,1%)

Utility

La domanda di elettricità e gas è stabile negli Usa anche in periodi di recessione. Questo gruppo inoltre si sta impegnando molto nell’energia verde e trarrà forti vantaggi dalla Presidenza Biden. Il p/e a 17,6 è frutto dei tempi, mentre il dividend yield al 4,4% deriva da una politica di lungo periodo della società a favore degli azionisti. In presenza di debolezza dei mercati C.Edison potrebbe essere uno dei migliori investimenti di medio-lungo termine.

Hormel Foods (Nyse HRL – ultima quotazione 46,8 $ - da inizio anno -0,9%)

Prodotti alimentari con molti marchi

Un'azienda quasi senza debiti attiva in campo alimentare e in parte di proprietà di una fondazione: questo è quanto di meglio si può ipotizzare allorché si tratta di investimenti sicuri. Il p/e è alto (26,8) ma le prospettive sui ricavi futuri sono viste stabili anche in presenza di un’eventuale crisi economica in accentuazione. Dividend yield al 2,1%.

Kimberly-Clark (Nyse KMB – ultima quotazione 132 $ - da inizio anno

-1,02%)

Beni di consumo di prima necessità

Un business resiliente a qualsiasi crisi. Qui il P/e è sui 17,6 ma la società ha basi solide, con un buon mix di crescita, redditività e immagine commerciale. Lo yield è attualmente sul 3,2%. L’Eps (Earnings per share) è dato in forte aumento nel 2021 e nel 2022.

Nestlé (Zurigo NESN – ultima quotazione 100 Chf – da inizio anno -4%)

Prodotti alimentari

Il gigante svizzero conta su un portafoglio di 2.000 marchi in tutti i settori dell’alimentazione. Sono in atto una continua crescita delle vendite e una razionalizzazione delle attività, con la cessione di quelle meno strategiche. Il p/e al 24,2 viene compensato da un ottimo Roe e da un cash flow per azione in continuo progresso.

Red Electrica (Madrid REE – ultima quotazione 15,6 € - da inizio anno

-6,6%)

Energia

Gestisce reti di trasmissione elettrica in Spagna, Perù, Cile e Brasile. L'azienda possiede anche una struttura di telecomunicazioni in fibra ottica che copre 50.000 chilometri in Spagna. Forti poi gli investimenti in energia solare e solare. L’attività globale è molto redditizia e il p/e al 12,6 risulta uno dei più bassi fra i titoli presi in considerazione. Ottimo il dividend yield al 6,5%.

Sanofi (Parigi SAN – ultima quotazione 77,1 € - da inizio anno -1,9%)

Farmaceutica

Un gruppo in piena evoluzione dopo il cambio di Ceo più di un anno fa. Dalla medicina generica sta sempre più trasferendosi su quella altamente specializzata. Il p/e è visto in crescita nel 2021 e il dividend yield al 4,3% fra i migliori del settore.

Sap (Francoforte SAP – ultima quotazione 104,8 € - da inizio anno -2,2%)

Informatica

Con oltre 450.000 clienti in tutto il mondo il leader tedesco dei software aziendali sta sempre più crescendo nel settore del cloud, con una marginalità in netto miglioramento. Il titolo è debole ma il p/e a 27,6 – apparentemente rilevante – risulta basso rispetto a quello degli altri big del settore.

Unilever (Amsterdam UNA – ultima quotazione 47,9 € - da inizio anno

-3,3%)

Beni primo consumo

Dall’alimentare alla cura della persona, passando per altri settori, il colosso olandese è cresciuto molto negli Usa, mentre soffre nei Paesi emergenti, che rappresentano il 60% dei ricavi. Il p/e ratio al 20,1 è accettabile, mentre i dividendi continuano costantemente a crescere di anno in anno (previsione 2021 al 3,6%).

Verizon (Nyse VZ – ultima quotazione 54,8 $ - da inizio anno -8,1%)

Telefonia

Con un p/e a 10,9 non è cara. Buono il rendimento da dividendi sul 4,6% e solido il business, non gravato da investimenti in altri settori, come avviene invece per diverse leader della telefonia. Inoltre da inizio dicembre il titolo ha già scaricato un po' di eccesso di performance in termini di prezzi.

Walmart (Nyse WMT – ultima quotazione 140,5 $ - da inizio anno -2,5%)

Grande distribuzione

Fino all’avvio della pandemia la maggiore catena di centri commerciali negli Usa veniva data quasi per spacciata. Il netto efficientamento della sua rete di e-commerce ha all’improvviso portato Walmart di nuovo al centro dell’economia, facendone la diretta concorrente di Amazon. Il gruppo sta crescendo anche in America centrale e del sud. Il p/e a 20 è accettabile – dati i tempi – mentre l’Eps viene previsto in forte crescita nel 2021.

Bitcoin, la stima delle stime dice questo

Avete mai guidato un’automobile su una pista di ghiaccio? Seppur dotata di pneumatici iper chiodati scivolerà di qui e di là, richiedendo specifiche tecniche di pilotaggio. Bitcoin e criptovalute sono lo stesso. E’ allora possibile ipotizzare dei target per i prossimi anni?  Ci proviamo valutando una sintesi delle stime degli specialisti più autorevoli. Lasciateci naturalmente un margine di errore, anzi un extra margine, data la natura di quest’asset.

Ultima quotazione

34.300 $

Fine 2021

51.599 $

Fine 2022

60.205 $

Fine 2023

29.213 $

Fine 2024

74.808 $

Numeri da ubriachi? Ci siamo posti pure noi questa domanda, anche perché molte valutazioni si basano su proiezioni statistiche riferite allo storico del Bitcoin. Di qui per esempio l’illogica quotazione di 29.213 $ a fine 2023, intermedia a un 2022 buono e a un 2024 esplosivo. Quello che possiamo aggiungere in un’ottica di breve periodo è che a febbraio 2021 la cripto per eccellenza potrebbe registrare un netto calo delle quotazioni per mettere poi a segno una buona ripresa nei mesi successivi.

La sintesi più logica è allora di verificare se a febbraio andrà realmente così. Se lo sarà considerate attendibile questa stima delle stime. In caso contrario non fidatevi di nessuna valutazione preventiva, tanto più considerando l’irrazionalità di un asset su cui c’è un solo elemento certo, quello di una volatilità sempre alle stelle. Segnaliamo comunque che fra le varie profezie (perché tali sono) c’è chi vede il Bitcoin nel 2025 a 140.000 $ e chi addirittura a 1 milione di $.

Fra i bond il rimbalzo sarà targato “emerging”?

Ogni giorno un report diverso aggiunge incertezza sulle evoluzioni future del mercato obbligazionario. I professionisti del settore sono rimasti comunque sorpresi dalla debolezza a fine 2020 dei Treasuries e dall’ottima tenuta dei Btp negli ultimi giorni, pur in presenza di una crisi di Governo in Italia. Il vero argomento all’ordine del giorno è però un altro. Cosa faranno i mercati emergenti, dopo le corse delle quotazioni nel 2020 e la parallela debolezza delle relative valute? Le opinioni sono nel complesso discordanti: da una parte c’è chi valuta il 2021 un anno di proseguimento dei trend in corso e chi invece prevede che l’equilibrio instabile fra rendimenti e cross si accentuerà, riportando dinamismo sui mercati.

In merito sentiamo cosa ne pensa Axa Management, che ipotizza un significativo rimbalzo dell’asset nell’anno in corso. Per cinque precisi motivi.

1°) Le elezioni Usa, le aspettative di stimoli fiscali e la diffusione del vaccino dovrebbero aiutare le economie di tutto il mondo a riprendersi.

2°) Il successo di Biden porterà probabilmente a una riduzione delle politiche protezionistiche, spingendo i mercati emergenti.

3°) Le Banche centrali di questi ultimi hanno adottato politiche monetarie espansive e in certi casi anche stimoli fiscali.

4°) La crescita della Cina aiuterà l’intero contesto degli “emerging”.

5°) I default dovrebbero essere contenuti e sono già scontati dai prezzi di mercato.

Detto così si potrebbero però confondere le idee. Perché ci sia ripresa dei rendimenti occorre un parallelo fenomeno di sgonfiamento delle quotazioni (in certi casi esasperate) e di rafforzamento delle valute su dollaro ed euro. Per chi è già investito il cocktail può provocare incertezze, mentre per chi non ha posizioni in questo settore dei bond l’insicurezza starà nel captare il momento giusto di riassetto delle due componenti. La cosa non sarà facile e quindi attenzione agli entusiasmi. L’operatività sugli emergenti richiederà in conclusione una volta di più competenze specifiche. Anche perché gli intermediari hanno aumentato negli ultimi tempi gli spread valutari e non di poco. Attenzione quindi ai facili entusiasmi.

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