Il QE ha contribuito a gonfiare la bolla delle criptovalute. Ed ora? Sono "too big to fail"?


Per la prima volta, a gennaio il mondo finanziario probabilmente vedrà una BCE ancora accomodante e una Fed che inizia ad alzare i tassi, seguendo quanto fatto già in dicembre dalla BoE.

E' possibile rilevare, tuttavia, che l'ultima volta in cui l'inflazione Usa è stata al 6%, correva l'anno 1990, i tassi Fed erano all'8%, mentre oggi rasentano lo zero.

In Germania, idem, l'ultima volta che il paese vide un'inflazione così alta, era ancora il 1992 e i tassi federali erano al 9,75%.

Dopo il clamoroso passo indietro di Powell nella conferenza stampa di dicembre, in cui ha smentito se stesso e la sua sicumera del meeting precedente, sancendo la non più transitorietà del livello dei prezzi attuali, inizia ad intravedersi il naso allungarsi anche sul volto della Lagarde.

Con l'uscita dei verbali FOMC del dicembre ultimo, la lettura che gli operatori di mercato hanno dato alle parole dell'epoca di Powell, sono state più seriose e così in pochissime sedute, il Nasdaq 100 è andato a ritoccare per la terza volta un valore che segnerà, a mio modo di vedere, lo spartiacque tra un affondo, un graffio, nelle quotazioni; valore significativo che non si registra da un bel pò di tempo.

E siamo al punto, il valore sine qua non, potrebbero essere i 15500 di Nasdaq, se come chiaramente si vede dal grafico, questo rappresenterà un punto di rimbalzo o un punto di rottura al ribasso.

Se si può dare una probabilità all'evento, si può affermare che per il 60% questo punto non verrà tenuto e verrà rotto al ribasso.

Il 40% delle probabilità che mantengono ancora il punto come forte supporto, può essere affidato al non ancora materialmente avvenuto intervento della Fed.

Per il Dax40 questo punto è ai 15000, più volte battuto, sin da aprile 2021, instaurando un trading range sin troppo facile da crederlo fattibile ogni volta che si è riproposto.

Un elemento in più che sostenga la tesi ribassista viene attributio a quanto sta accadendo nel mercato delle criptovalute.

Tutte, nessuna esclusa, con l'uscita del verbale FOMC di mercoledì, hanno perso più del 10% in pochissimo tempo e il motivo, risiede nella conferma di un sospetto evidenziato in questo articolo  https://www.lombardreport.com/2021/9/26/ma-quale-evergrande/ .

In alto il grafico del Bitcoin.

Il cursore è fermo di proposito al 24 settembre 2021, quando la Cina inasprì la propria battaglia contro le criptovalute, bandendo il "mining" entro i propri confini.

Ad un primo scossone al ribasso, seguì una impennata del prezzo dei Bitcoin, in quanto, rispondendo a un basilare principio economico, con minore offerta, i prezzi salgono.

Con la crisi kazaka, paese che ad oggi con il 18.1% rappresenta il secondo Stato al mondo nella quota di mining immeditamente dopo gli Usa, seguendo lo stesso principio che abbiamo seguito dopo il 24 settembre 2021 e il divieto cinese, il prezzo dovrebbe tornare a correre e anzi, avere un sussulto.

A quanto pare, però, ad oggi, il prezzo sembra più seguire gli sviluppi relativi alle politiche monetarie della Fed piuttosto che i fattori sopra elencati.

Quindi, sembra prendere sempre più forza il nesso secondo cui le reazioni dei prezzi delle cripto siano più orientati dalle azioni della Fed e della BCE.

Questo legame, del tutto naturale quando si parla di qualsiasi mercato regolamentato e di ogni strumento in esso contenuto, assume toni paradossali se si ragiona sulla portata degli eventi che ha scatenato. In pochissime parole, la liquidità a tasso zero è stata utilizzata dagli investitori per investire in realtà più remunerative, nella nostra ipotesi- le criptovalute- generando un "eco-mostro" (vista l'entità di energia necessaria nelle attività di mining) ormai dalle dimensioni ragguardevoli da far tornare alla memoria una locuzione in voga durante la crisi finanziaria del 2008, vale a dire "too big to fail".

Il paradosso, quindi, potrebbe accrescersi ancor più nelle dimensioni, qualora l'imponderabile si abbattesse sul segmento cripto mondiale, vale a dire, probabilmente le istituzioni, avendo difronte un problema con un colossale BLOB, si troverebbero nella condizione di dover intervenire, legalizzandolo e rendendolo istituzionale, tutto il sistema cripto, perchè nei fatti, sarà diventato una intera istituzione economica, nel complesso valutabile come "too big to fail"; il suo fallimento, pertanto, costerebbe così tanto in termini micro e macro economici, alla collettività, da costringere gli Stati a rispondere con risorse pubbliche per evitare crack a catena in grado di coinvolgere una miriade di istituzioni finanziarie che, ad oggi, hanno le mani in pasta con il mondo cripto.

Ricapitolando, le banche centrali, per la Fed quindi, nella fattispecie, sua maestà il dollaro, nel tentivo di stabilizzare l'economia reale, agendo di converso anche sul tasso di cambio delle loro rispettive valute di riferimento (legali), hanno di fatto contribuito in maniera fondamentale a far lievitare il potere di un sottostante finanziario che si erge come alternativo alle valute dal corso legale; questo sottostante finanziario è riferito a tutta la galassia di criptovalute attualmente esistente!

Come tutto ciò possa risultare così ovvio agli occhi di molti investitori e non ai vertici delle istituzioni, rimane e rimarrà il dilemma degli anni che verranno, quando magari, il mondo delle cripto sarà definitivamente considerato per ciò che è ed è sempre stato, ovvero una comunissima attività finanziaria e non una nuova frontiera per i pagamenti e per lo scambio di beni e servizi, e magari diverrà così grande da non poter più essere abbandonato al suo destino.

Ma come si suol dire certe percezioni e conseguenti considerazioni sono frutto di una fisiologica evoluzione degli eventi, e non si originano solo da un cambiamento di prospettive e di vedute, poichè sono insite nella verità del tempo (veritas filia temporis).

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)