Previsioni di Borsa - due guru di Wall Street predicono cosa succederà nei prossimi mesi


Sono consiglieri di fondi sovrani, hedge fund e tycoon miliardari. I loro pronostici risultano precisi ma alla fine discordanti. Servono a capire in quali scenari potrebbero muoversi economia e finanza mondiali.

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Ogni giorno sfogliamo report di analisti ed economisti che fanno congetture del tutto contrastanti. C’è chi vede nero e chi rosa. Ma c’è anche chi ipotizza evoluzioni funeste, ovvero cigni neri in arrivo. Oggi diamo la parola a Raoul Pal e Julian Brigden di Macro Insiders, attraverso l’intermediazione di Filippo Sironi, consulente finanziario milanese che ne segue conferenze e studi con grande continuità. Loro sono consiglieri di fondi sovrani, hedge fund e tycoon miliardari, cioè gente che muove le fortune o sfortune del mondo. Sironi ci ha raccontato quanto hanno sostenuto in un recentissimo meeting a porte chiuse.

Il punto cruciale da cui si parte è che i mercati stanno sottostimando lo scontro commerciale in atto fra Usa e Cina, prezzando la possibilità di un accordo e non l’ipotesi molto più probabile che l’intesa non giungerà o meglio sarà rinviata a data futura. Intanto l’economia Usa si deteriora e lo dimostrano la produzione di automobili in forte calo e gli ultimi dati – deludenti - sui nuovi posti di lavoro. Assieme ad altri indicatori lasciano intendere che qualcosa sta cambiando, il che comincia a preoccupare gli investitori, poiché gli attuali multipli di Wall Street non si sono ancora allineati a una situazione in netta mutazione.

E’ noto a tutti che il problema nasce dalla politica commerciale voluta da Trump. Inutile aggiungere considerazioni su questo aspetto.

Imprescindibile allora un intervento della Fed, che sarà costretta a tagliare i tassi. Quando e di quanto? Prima di rispondere occorre considerare il dato riferito all’Ism manifatturiero Usa, non ancora recessivo. A maggio si è attestato a 52,1 ma gli analisti lo stimavano a 53 punti. Non è comunque lontano dai 51 punti, sotto i quali inizierebbe la stagnazione, sebbene un impatto rilevante sul calo l’abbia avuto il settore energetico, dopo la discesa delle quotazioni del greggio. In più l’Ism non fotografa ancora una situazione di incertezza da parte dell’industria statunitense, che si troverà a dover prendere decisioni forti sul proprio futuro, soprattutto se la guerra commerciale Usa-Cina perdurasse. L’opzione più probabile è che – in attesa soprattutto dell’esito delle elezioni presidenziali del 2020 – si vada verso uno stop degli investimenti e più in generale della spesa in conto capitale nonché verso una riduzione dei costi operativi, comportando una specie di effetto leva negativo sulla crescita, con il rischio addirittura (in realtà molto modesto) che Pechino blocchi le importazioni Usa.

E’ il caso di dare allora una risposta alle due domande sulla Fed. Al meeting del 19 giugno (mercoledì prossimo) non succederà nulla, in attesa della riunione del G20 di fine mese. Ogni decisione sarà presa il 31 luglio e le previsioni di Raoul Pal e Julian Brigden vanno nella direzione di un taglio di ben 50 pb, allo scopo di arginare la debolezza congiunturale ormai evidente. Cura da cavallo quindi, anticipatrice di altre due decurtazioni entro fine anno. L’ipotesi più probabile è che a dicembre i tassi Fed si attesteranno all’1,5%. In un simile contesto l’indicatore più reattivo da seguire è il prezzo del rame, che già da mesi evidenzia debolezza.

E Wall Street? Sempre secondo Raoul Pal e Julian Brigden subirà prima una netta correzione – soprattutto dopo il G20 – per poi riprendersi ad agosto, dopo il taglio dei tassi Fed. La situazione appare invece favorevole per i Treasuries e per i bond ad alto rating, nel primo caso soprattutto sulle scadenze fra i 3 i 5 anni, oggi le più redditizie della curva.

Sulle prospettive di medio termine le posizioni dei due guru sono invece divergenti. Bridgen pensa che i tagli Fed proseguiranno nel 2020 comportando affaticamento per il dollaro, in presenza di un quadro economico favorito da una politica monetaria ultra espansiva e da successivi tagli fiscali adottati dalla presidenza Trump. Pal diventa invece cigno nero a tutto campo, predicendo un dollaro sempre forte e che metterà in crisi i Paesi emergenti, confermando il trend di debolezza delle relative valute, già evidente in particolare per quelle asiatiche. Dal biglietto verde partirà quindi una specie di distruzione di massa del debito “emerging”, che si estenderà alle Borse. Per lui in una simile prospettiva ci sono due sole possibilità di investimento: bond in dollari ma con scadenze molto corte e società aurifere, il che non vuol dire almeno inizialmente posizioni sull’oro, che ripartirà comunque solo quando i tassi Fed torneranno a zero.

In conclusione la prudenza si impone, con una considerazione di fondo: se perfino due guru della consulenza finanziaria appartenenti alla stessa società sono in parte dissonanti sulle loro visioni dei mercati figurarsi cosa avverrebbe se relazionassimo dei tanti altri report che l’industria del settore produce! Inevitabile la confusione, stato d’animo d’altra parte già dilagante fra investitori e trader. Un consiglio allora? Attendere il G20 e poi le decisioni della Fed, cioè guardare a poco più di un mese. Oltre è impossibile, poiché le evoluzioni potrebbero essere da cigni neri così come da cigni rosa.

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