Mercato obbligazionario: costo delle emissioni di Btp in calo


Quest’anno il debito pubblico italiano farà il botto, arrivando alla ragguardevole cifra di 2.600 Mld di euro. Ma nonostante questo exploit in realtà il Tesoro sfiora il record minimo storico per il costo delle emissioni, rendendo di fatto più leggero questo fardello.

Stando ai numeri, le emissioni lorde di quest’anno ammonteranno – a fine programma – a circa 540 Mld di euro, mentre quelle nette intorno ai 180 Mld di euro. Rispetto al 2019 sono dati in fortissima crescita, visto che all’epoca si attestarono rispettivamente a circa 402 e 43 Mld di euro. Chiaro che in questo funesto 2020 l’emergenza Covid-19 ha pesato notevolmente, rendendo necessario ricorrere ad un maggiore indebitamento, come del resto anche per gli altri Paesi europei.

Nel corso dei mesi lo scenario, che faceva temere il peggio per l’autunno, è andato via via migliorando, scongiurando di fatto le ipotesi più pessimistiche; anzi, il Tesoro sta collocando sul mercato titoli governativi a costi mai così bassi. Naturalmente lo si deve alla BCE, che con il varo del PEPP ed il potenziamento del QE sta assorbendo a piene mani le emissioni nette degli Stati nell’Eurozona.

Poi è anche vero che – nonostante il fuoco covi sempre sotto la cenere – l’accordo sul Recovery Fund in estate ha mitigato il credit risk sovrano italiano, come dimostrano anche CDS a 5 anni che ora viaggiano intorno ai 104 bps (ovvero l’1,04%) contro i 246 bps a cui si spinti in aprile. Tradotto alla buona, significa che le probabilità implicite di default nei prossimi cinque anni sono stimate all’1,74%.

Tornando all’aspetto dei costi del nostro debito, lo scorso anno il costo medio dei titoli di Stato emessi è stato pari allo 0,93% per un costo di circa 3,7 Mld di euro. Quest’anno, nonostante un numero di emissioni decisamente superiori, dovremmo spendere intorno ai 3,2 Mld di euro, considerando un ancora possibile lieve ritocco al ribasso rispetto ai dati di fine settembre che indicavano un costo pari allo 0,66%.

Allungando l’ottica temporale, si può osservare nei fatti questa dinamica: il debito che scade viene ripagato da nuovo debito sempre meno costoso per lo Stato che lo emette, per cui gli interessi non fanno che diminuire di importo. E questo nel nostro caso, al netto dei momenti di panico sullo spread, grazie certamente alle varie “edizioni” del QE che dal 2015 non ha mai smesso di pompare soldi sul mercato.

La tendenza è confermata anche da un indicatore d’altri tempi, il Rendistato di Banca d’Italia. Infatti, stando a questo indice, a ottobre il suo valore era in discesa allo 0,414% rispetto allo 0,624% relativo al mese di settembre. Il massimo del 2020si è registrato nel mese di aprile con l’1,458%. Numeri in prospettiva molto interessanti – e molto salutari per le nostre finanze – poiché se il costo medio e lo stock del debito rimanessero uguali nel lungo periodo, la spesa per interessi sprofonderebbe sotto gli 11 Mld di euro all’anno.

Il che significherebbe un risparmio superiore ai 50 Mld di euro, cioè qualcosa come circa 3 punti di Pil. Tutto questo, tuttavia, al momento solo sulla carta, perché comunque la spesa per interessi varierà sulla base dell’andamento dei tassi di mercato, a loro volta influenzati anche dal credit risk sovrano e, in ultima analisi, anche dall’entità del debito pubblico, destinato ancora a salire a causa degli effetti persistenti della crisi sul Pil.

Analisi ZC-Yield Curve
La lettura della ZC-Yield Curve, questa settimana, mostra una certa stabilità dei rendimenti rispetto alla scorsa analisi. Archiviata momentaneamente l’apnea di alcune settimane orsono, con la curva a rendimenti negativi per tutte le scadenze, si consolida il segno più per alcune scadenze sul tratto a lunga. La scadenza a 10 anni rimane in territorio negativo per un rendimento stabile in area -0,23% mentre la scadenza trentennale conferma il ritorno in positivo e si attesta allo 0,01% di rendimento, in calo di 2 bps rispetto alla scorsa rilevazione. Sempre stabile la forma della curva, ripida sino alle scadenze 2038-2040 per poi presentare rendimenti decrescenti a partire dalla scadenza 2043; la curva esprime ora il massimo rendimento poco sotto area 0,05% per le scadenze 2043-2044 in leggera discesa rispetto alla scorsa rilevazione. Stabili anche per i tassi forward su Euribor 6 mesi, che sul tratto a lunga rimangono nei pressi di area 0,40%, e con il tratto a breve sempre nell’intorno di area -0,50%.

Analisi Integrata Trendycator
Osservando – a livello di analisi integrata – le curve dei rendimenti dei principali benchmark decennali, non si notano variazioni importanti rispetto alla scorsa analisi, con la conferma ulteriore del cambio di scenario per l’area UK e gli USA. Sull’area UK i rendimenti consolidano a contatto con la resistenza in area 0,30% dopo lo strappo a 0,40% osservato alcune settimane fa, confermando stato LONG del modello Trendycator. Stabile nella sua lateralità il BUND, con il modello Trendycator fermo sullo SHORT e con il rendimento del decennale tedesco sempre in altalena tra area -0,60% e area -0,50%. Prosegue il buon momento per il nostro Btp, con i rendimenti che hanno toccato nuovi minimi e con lo spread ora sotto i 120 bps e sempre più prossimo ai minimi del 2018; il rendimento del decennale è ora sotto lo 0,60% con Trendycator stabile sullo SHORT da ormai dieci settimane consecutive. L’area USA conferma il cambio di impostazione con i rendimenti che dopo aver rialzato la testa stanno ora consolidando poco sotto area 0,90% con Trendycator che si mantiene LONG.

Bond Governativi Mndo Weekly Ranking
Analisi sotto forma di ranking dei bond governativi mondiali con qualunque rating. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione.

Questa settimana proseguiamo l’analisi dell’aera USA, sempre nell’ottica di mantenere aggiornate le linee guida in ottica strategica per gli asset in USD che, come detto, non mancano quasi mai nei portafogli di investitori e traders.

Come visto nella sezione dell’analisi integrata, sui governativi si sta confermando il cambio di impostazione in ottica strategica e nel caso in cui i T-Bond dovessero superare la resistenza a 0,90% di rendimento si potrebbe assistere ad una veloce escalation con rendimenti in veloce crescita. Il modello Trendycator rimane LONG indicando forza rialzista, per cui sarebbe saggio sottopesare le scadenze medio-lunghe o, comunque, non entrare in acquisto.

Anche il cambio EUR/USD ritrova vigore in queste ultime sedute, mantenendo ferma l’impostazione analizzata nello scorso articolo. Come si vede dal grafico qui sotto, il trend continua ad essere favorevole all’euro, in rafforzamento nel breve termine. Inutile dire che lo stato di forza è confermato anche dal modello Trendycator che continua ad indicare LONG euro e, di conseguenza, short USD.

Siamo ora nuovamente a contatto con la resistenza in area 1,19/1,20 valori di massimo relativo toccati ad agosto scorso. L’approfondimento verso 1,16 di settembre e inizio novembre sembrava aprire una possibilità di ripresa del biglietto verde, anche se Trendycator si è mantenuto stabile sul LONG. La sua impostazione potrebbe cambiare solo alla rottura confermata di 1,16 che è ora supporto dimostratosi ostico nell’essere violato, almeno in questa fase.

Il livello di 1,20 – livello sia tecnico sia “psicologico” – dovrebbe offrire un buon argine a ulteriori impulsi rialzisti dell’euro, ma se non dovesse accadere si aprirebbero spazi di indebolimento per il dollaro USA non indifferenti. Di converso sotto 1,16 si aprono scenari interessanti per la valuta USA contro euro, e rebus sic stantibus sarebbero da preferire governativi a breve scadenza o corporate di buon pedegree.

Ad ogni buon conto, per ora siamo sempre all’interno del trading range 1,16/1,19 e sinché non assisteremo ad una rottura di uno dei due livelli non potranno esserci evidenze dal modello Trendycator che ci aiuterebbero ad orientarci. In ottica strategica valgono pertanto le idee già enunciate nello scorso articolo, con possibili ingressi scaglionati di bond in USD a breve termine a livelli di cambio nell’area 1,19/1,20 con primo livello di stop sopra 1,20.