A reddito…: compro una casa a 1 € e l’affitto. Faccio l’affare della vita?


Non è un refuso! Si proprio 1 €! Le offerte in merito crescono. Viaggio nel nuovo business immobiliare. Che interessa soprattutto giovani e anziani.

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 L'immagine non si riferisce alla specifica offerta di una casa a 1 euro

Dal Piemonte all’Abruzzo e dalla Sicilia alla Sardegna l’onda prima piccola e poi progressivamente in crescita delle amministrazioni comunali che vendono case a 1 euro, pur di evitare lo spopolamento di interi paesi, non è una novità. Fra l’altro la stessa iniziativa si è diffusa in altre zone d’Europa, sebbene sia l’Italia la vera protagonista del fenomeno. Da noi si è aggiunto negli ultimi tempi un fattore propulsivo: il cosiddetto superbonus 110% premia una serie di interventi – seppur specifici - sul patrimonio edilizio che possono arricchire la dotazione finanziaria di partenza, riducendo l’investimento complessivo necessario.

LombardReport si occupa naturalmente dell’aspetto reddituale di un nuovo modo di investire sul mattone, che trova fattori di spinta anche nella fuga dalle città (trend però forse momentaneo), nel tentativo di ridurre il costo della vita e nella ricerca di salvare i propri risparmi – specialmente se modesti – da parte delle generazioni più giovani. Le case a 1 euro in effetti interessano soprattutto due classi sociali:

  • Pensionati che vogliono uscire dalla “gabbia” delle aree urbane
  •  
  • Coppie di età compresa fra i “Millenials” e la cosiddetta generazione Z alla ricerca di alternative di vita.

Ciò non esclude che anche altri siano interessati a un investimento molto attrattivo almeno sulla carta.

Spiega uno specialista: “La vendita delle case a 1 euro avviene con alcune regole che i cittadini sono obbligati a rispettare per non vedersi togliere in seguito la proprietà dell’immobile. Infatti, chi acquista a questo prezzo ha l’obbligo di avviare un piano finalizzato alla ristrutturazione e alla messa a nuovo della casa. Ogni comune impone proprie condizioni precise ma in generale il senso è quello di provvedere a recuperare gli immobili che rischiano di diventare catapecchie abbandonate, a ridargli valore economico e a reintegrarli sul mercato”.

Vediamo i vari aspetti tecnici, che devono essere ben valutati.

Agevolazioni Ue – Per alcune categorie – soprattutto i giovani – ci sono delle facilitazioni (di fatto veri e propri finanziamenti a fondo perduto) che abbattono gli investimenti necessari per la ristrutturazione. C’è chi sostiene che un buon piano di intervento può avvenire a costi bassissimi, sempre che si sappia sfruttare le occasioni offerte dalla mano pubblica soprattutto europea a chi ha un’età inferiore ai 29 anni, elevata in alcuni casi a 35 anni.

Il problema Catasto – Prima di iniziare qualsiasi operazione occorre verificare sempre le implicazioni di natura amministrativa, cioè controllare valori catastali, frazionamenti e soprattutto reale proprietà dell’immobile. È questo l’ostacolo che ha comportato maggiori difficoltà in molti casi, anche perché ci possono essere eredi lontani, talvolta indecisi, impreparati o che alzano il tiro all’ultimo momento. Le voci che abbiamo sentito attribuiscono al tema delle verifiche catastali un ruolo importante, poiché certi Comuni hanno attivato iniziative di svendite di patrimoni immobiliari che poi si sono scontrate con difficoltà nel rapporto fra venditore e acquirente. La soluzione migliore consiste allora nel rivolgersi solo a situazioni in cui i Comuni abbiano ricevuto in donazione case abbandonate, il che deve risultare nei documenti catastali, poi messe all’asta a 1 euro. Se invece l’amministrazione fa solo da intermediario, come accaduto in taluni casi, la prudenza è d’obbligo.

Gli sconti fiscali – Negli ultimi anni le ristrutturazioni di immobili sono state favorite da una serie di sconti da parte del fisco. Vanno verificati in seguito alle continue evoluzioni cui sono soggetti ma questo è un altro tema decisivo nell’incrementare l’attrattività dell’acquisto di una casa a 1 euro.

Cosa bisogna fare - Scelta la strada degli immobili divenuti “pubblici” occorre partecipare alle procedure di vendita in base alle condizioni stabilite. Che presuppongono soprattutto: ● la presentazione di un progetto di ristrutturazione entro un anno dall’assegnazione; ● quest’ultima comporta naturalmente gli oneri notarili e fiscali a carico dell’acquirente, di solito minimi (sempre che si sia assolta la verifica di cui si parlava al capitolo sul Catasto); ● ottenuti i permessi tecnici per la ristrutturazione si hanno dei limiti temporali (da verificare di caso in caso) per l’inizio dei lavori. Non si pensi quindi di andare a “babbo morto”; ● infine il Comune impone una polizza fideiussoria a proprio favore per importi modesti (da 1.000 a 5.000 euro) e che verrà comunque rimborsata a fine ristrutturazione.  

Dal “peggio” al meglio – La scarsa informazione su quest’occasione di business fa sì che spesso l’opinione pubblica pensi all’iniziativa delle case a 1 euro solo per paesini sperduti e quasi disabitati dell’Appennino o del sud. Negli ultimi tempi l’offerta si è invece ampliata, coinvolgendo molte località della Sicilia (un esempio il borgo di Salemi, uno splendore del Trapanese abbandonato dagli uomini e che fu proprio fra i primi a partire con l’iniziativa, rilanciata nelle scorse settimane) e perfino centri città quali Taranto e Milano, sebbene in quest’ultimo caso il piano di dismissioni sia più complesso. La lista sta crescendo e alcune amministrazioni fanno bene a prevedere i possibili utilizzi futuri. Per esempio, oltre alla residenza di famiglie, si accetta l’impiego per strutture ricettive e attività commerciali. Ora si parla di nuclei abbandonati perfino nelle Alpi, dove si potrebbe rilanciare un turismo ecologico ed economico di cui si sente la necessità, soprattutto dopo lo scompiglio Covid. Lo sta facendo, per esempio, il Piemonte, che non impone la residenza in loco – agevolando quindi business in affitto – mentre in Alto Adige (dove però non ci sono case a 1 €) le norme stanno diventando più restrittive, per evitare speculazioni immobiliari.

Quali costi – Il mercato dei rustici e degli chalet in montagna sta letteralmente esplodendo, proprio per attività di locazione o di bed & breakfast. Il problema è che si amplia enormemente la forcella dei prezzi. In Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto le quotazioni sono andate alle stelle. Sugli Appennini all’opposto si assiste a un depauperamento del patrimonio immobiliare, con valutazioni in discesa, salvo in alcune zone della Lombardia e della Toscana. Ristrutturare questa ricchezza dimenticata diventa così un nuovo business per chi ha piccoli capitali. I costi di restauro possono essere quantificati, nel migliore dei casi, in circa 800 euro il metro quadro ma alle volte si sale e non di poco. Stimiamo una media di 1.000 euro e una casa sugli 80 metri quadri. Ne conseguono oneri per 80.000 euro, riducibili non di poco disponendo di agevolazioni e detassazioni per circa un 40%, scendendo più o meno a 50.000 euro. Molto dipende dallo stato iniziale, dalla posizione e da altre variabili. Ovviamente si tratta di valutazioni di massima per rustici non in pessimo stato e con una qualità media dei materiali utilizzati, in presenza di lavori effettuati da piccole imprese artigiane. La cifra può aumentare e non di poco se si tratta di ricostruire l’immobile seguendo i canoni tecnici più avanzati.

La redditività – Questo è l’aspetto più importante. Ne parliamo con un geometra, Sandrino Pozzi, che ha alle spalle una buona esperienza di ristrutturazioni e di gestione di case acquistate a 1 euro in diverse parti d’Italia.

Quanti mettono poi a reddito l’immobile?

Per ora una minoranza ma il numero sta crescendo poiché l’idea ha raccolto particolare apprezzamento all’estero e ciò ha ampliato il bacino di chi è interessato a vivere in paesini dal grande valore storico. Magari vengono per uno o due anni e preferiscono affittare.

I rendimenti si attestano su quali percentuali?

Difficile rispondere perché la casistica non è ampia. Posso dire che ci sono due discriminanti: la localizzazione del paese e la capacità di proporsi sul mercato delle locazioni.

Una cifra di riferimento ce la deve dare però…

Si parte sempre con qualche difficoltà e molto dipende se si è vicini al mare o no. Nel secondo caso i rendimenti possono salire anche al 6-8% considerando un investimento medio sugli 80.000/100.000 euro. L’aspetto favorevole è che si tratta di locazioni soprattutto di alcuni mesi se non annue, poiché chi sceglie di ritirarsi in paesi magari un po' sperduti lo fa come scelta di vita o per particolari esigenze di lavoro. Il turismo vero e proprio è ancora marginale.

Il maggiore problema?

L’assenza spesso di servizi. La montagna – perché la maggior parte delle iniziative riguarda località in vallate degli Appennini o delle isole – si è spopolata e tornare a ripopolarla senza offrire il minimo indispensabile per la sopravvivenza è davvero difficile. Poi c’è un altro aspetto: i vincoli paesaggistici talvolta sono stringenti. Non ci si occupa di questi paesi per decenni e, se qualcuno li riscopre, ecco che il burocrate di turno interviene con i cavilli di sempre. Infine manca una rete commerciale che promuova le iniziative sia di vendita delle case da ristrutturare sia di affitto di quelle ristrutturate.

La singola casa ristrutturata in un paese diroccato non ha senso. Bisognerebbe forse che ci fosse un’operazione su larga scala?

Siamo agli inizi e non è facile risolvere i tanti problemi ma gli esempi di successo – come quello di Gangi e Mussomeli in Sicilia – sono ormai celebrati perfino dai media di tutto il mondo. Si tratta di sfide complesse ma acquistare oggi a 1 euro e farlo assieme ad altri è la scelta migliore. Pensare di essere i soli in un paesino per esempio della Sardegna non ha senso. Occorre l’effetto traino, così come si può valutare l’acquisto di immobili magari più cari (da qualche decina di migliaia di euro) ma meglio conservati, che possono prestarsi per piccoli bed & breakfast di un turismo economico, che la crisi economica in atto porterà a un forte sviluppo.

In conclusione può essere l’affare della vita?

Dipende ma valutare quanto meno l’occasione non è certo tempo perso. Anche perché dal traino della casa a 1 euro derivano occasioni di piccole attività commerciali che si adattano soprattutto a giovani alla ricerca di un’esistenza diversa. Per qualcuno può essere davvero l’affare della vita.

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