Piano Bar : European Zone 2016_04


Piano Bar - European Zone

  • Aprile 2016

Apriamo il nostro focus mensile sui mercati europei con un’immagine terribile, tratta dalla prima pagina di un quotidiano tedesco di business apparsa il mese scorso, che non commenterò subito, ma ci arriveremo durante lo sviluppo dell’articolo…

Dallo scorso mese gli indici europei  hanno proseguito il movimento di rimbalzo iniziato a febbraio. La prima settimana di aprile ha visto un movimento calante, ma ad oggi non possiamo dire se questo significa che il rimbalzo è già finito o se si tratta di un’onda (b) di uno sviluppo (a)(b)(c) che va a formare un’onda ii cerchiata. Come ipotesi più probabile io continuo a ritenere che terminato il movimento in contro trend, avremo un’onda ribassista molto forte che tirerà i principali indici azionari europei a nuovi minimi.

Per altro se si osserva il grafico del DAX weekly qua sopra si può vedere come delle tre trendline che supportano il trend rialzista  la prima (quella tratteggiata rossa che congiunge i minimi di onda 2 e 4) è già stata rotta al ribasso e pure ritestata da sotto, la seconda che è quella blu ha già avuto un tentativo di rottura e per ora sta tenendo, ma in caso di cedimento come minimo si andrà a testare quella rossa poco sopra 6.000 punti. Va detto e rilevato se si vuole fare un’analisi equilibrata che a favore dei rialzisti, gioca però un supporto statico  fortissimo sia graficamente che dal punto di vista psicologico che è la quota 8.000. Per capire bene quello che sto dicendo bisogna passare al grafico montly che metto qua sotto.

Come si può vedere, la fascia che va dagli 8.000 agli 8.670 punti, è una specie di muraglia cinese che ha fermato il bull market del 2000, ha resistito a più tentativi ravvicinati di rottura  dalla metà del 2007 a gennaio 2008, ha lottato ancora nella primavera del 2013 ed infine ha fatto da supporto alla discesa del 2014 e a febbraio di quest’anno. Quindi a mio avviso la vera linea del fronte su cui si deciderà la guerra è quella fascia. Il cedimento di quota 8.000, penso scatenerà vere ondate di panic selling e a quel punto il supporto dinamico della trendline rossa, potrà dare supporto per un'onda in contro trend ma la strada del ribasso sarà asfaltata e l’onda c di cycle non avrà pietà anche perchè il suo obiettivo naturale è di portare le quotazioni sotto al minimo di onda a  , e quindi… poi possiamo ragionare sul quanto sotto ma certamente sotto. Un altro aspetto che inquieta noi della banda di Elliott è la questione tempo. Con i continui interventi delle banche centrali si è acquistato tempo, ma le banche centrali non possono sovvertire quello che è l’ordine naturale delle cose e  sappiamo che le onde c sono lunghe e devastanti.

Così ora ci troviamo con un’onda b che è durata 12 anni abbondanti contro i 3 anni di onda a (poco meno di 4,23 volte)  come si può vedere nel grafico sopra . Di solito le onde A e C tendono a percorrere il medesimo spazio nel medesimo tempo  o eventualmente in un tempo maggiore di un 38 o un 61% in più; questo quando l’onda b si sviluppa  normalmente, ma questa volta siamo andati in un b estesa per cui  tre anni diventa realmente un tempo minimo per completare l’onda c. Quindi ad essere ottimisti primavera del 2018 come fine rumba ma  se dovesse estendere di un 1,618 si finirebbe a primavera 2022, mentre con una estensione di 1,382 ci fermeremmo  a novembre 2019. Ovviamente sto sparando stime a spanna giusto per farmi un’idea, ma l’importante è sapere che se cede 8.000 si prepara un mercato orso drammatico. 

Nel mese di Marzo, la BCE ha varato una batteria di misure che ha superato le aspettative degli investitori, dando la spinta all’ultima strappata rialzista. Ora però la questione vera, è se queste misure di stimolo riusciranno effettivamente a fare ciò che i precedenti interventi non sono riusciti a fare: fare sì che le banche riprendano di nuovo a fare credito alle imprese e al consumo. I grafici sulle aspettative di credito mostrano negli ultimi mesi una domanda che sembrerebbe pronta  ad intraprendere un nuovo glorioso up-trend. Purtroppo c’è una grande differenza tra il mercato orso di oggi e quello che iniziò nel 2007. Allora il tasso di rifinanziamento principale della BCE era oltre il 4%, mentre oggi è zero e la BCE ha appena tagliato il suo tasso di deposito al -0,4%.  Detta in parole povere, le carte a disposizione della Banca Centrale sono esaurite tanto che Draghi ha già messo le mani avanti esortando la politica a muoversi e aprire a scelte coraggiose (lui non lo dice , ma bisogna leggerlo tra le righe .... "più di questo non può fare"...). Poi ufficialmente Draghi può anche continuare a ripetere come un disco rotto che non ci sono limiti agli strumenti di politica monetaria della banca centrale, ma quello che Draghi non capisce o non vuole capire, è che l’andamento negativo dell’umore sociale  frena considerevolmente la sua capacità di spinta sul credito e il tempo che è galantuomo , porterà certamente allo scoperto la debolezza delle mosse messe in atto in tutto questo tempo.

Come si vede in questo grafico (fonte www.socionomics.net), l’andamento dell’EuroStoxx50 dal bull market del 2000 ad oggi , viene segmentato in distinti periodi : il primo periodo definito l’era dell’attuazione coincide con gli anni dell’illusione.. del sogno Europeo che andava concretizzandosi, con una moneta unica, una Banca Centrale unica e molte speranze.

Ma il 26 febbraio del 2001 viene firmato il trattato di Nizza che apre la strada dell’espansione dell’Europa ai paesi del blocco orientale e lo stato d’animo positivo che si era creato nei due - tre anni precedenti per la creazione della moneta unica, è già compromesso. Il mood positivo ha continuato a calare nel 2001 tanto che la UE decide di non avviare subito l’espansione verso est. Si attende che un altro impulso di umore positivo si manifesti  per dare il via alle operazioni. Questo avviene tra il 2004 e il 2007 sostenuto da un nuovo bull market del mercato azionario e infatti in quel periodo 12 paesi dell’est entrano a far parte della comunità europea. In termini di persone (numero di abitanti)  e superficie terrestre, quella è stata la più grande espansione della UE, ma al tempo stesso ha rappresentato anche l’espansione più piccola in termini di PIL. Il picco del 2007 è particolarmente significativo perché la notevole quantità di progressi effettuata dall’Europa nei decenni precedenti inizia ad essere erosa ed annullata dal mercato orso che segue subito dopo provocando considerevoli macerie infatti l’era successiva a partire dalla primavera del 2010 è definita l’Era dei salvataggi. L’era dei salvataggi inizia con la Grecia e prosegue con Irlanda, Portogallo, poi "Grecia 2 la vendetta" nel 2012 e ancora Cipro nel 2013. Ora la Grecia si appresta a negoziare il suo terzo salvataggio finanziario. E’ interessante in questa fase seguire la dinamica mutante con cui si sono sviluppati questi salvataggi.  Il salvataggio della Grecia nel 2010 è stato quasi interamente finanziato dai contribuenti. Tra commissione europea, BCE ed FMI si creò un pacchetto di circa 110 miliardi di euro, di cui 80 finanziati dai paesi membri dell’area Euro. Gli economisti si affrettarono ad affermare che la stabilità finanziaria europea era stata salvaguardata e che la fiducia dei risparmiatori era stata ripristinata. Tutti si convinsero che la BCE poteva semplicemente stampare denaro all’occorrenza per spazzare via ogni problema economico dall’Europa, un pò sullo stile della  FED americana, dimenticandosi un piccolo dettaglio che per adesso l’Euro non è ancora come il Dollaro. Gli analisti di socionomica vedono le cose in modo diverso e pensano sia la tendenza dell’umore sociale a governare ciò che è politicamente possibile e che se l’umore sociale è negativo sia le azioni delle banche centrali sia quelle della politica saranno parecchio limitate rispetto al potenziale che potrebbero esprimere in un periodo di mood positivo.

Un altro aspetto che fa preoccupare  e che avevo già messo in luce ad ottobre nell’incontro a Milano coi lettori, per i mercati americani, ma che non cambia di qua dall'oceano è il calo drammatico degli utili azionari negli ultimi anni e della distribuzione di dividendi.... a Milano presentai un grafico dove Steven  Hochberg provocatoriamente si chiedeva: "No profits, no problem??".

Orbene per quello che riguarda l'Europa, gli strategists o strateghi se preferite in italiano, hanno ridotto drasticamente  le aspettative per l'azionario europeo, dipingendo lo scenario più cupo degli ultimi cinque anni. Con uno dei guadagni più deboli degli ultimi nove anni, e una fede calante nelle banche centrali, gli strateghi, prevedono per l'indice Euro Stoxx 50, che era nato per costituire una sorta di Dow Jones europeo,  un avanzamento massimo dell'1% per tutto il 2016 (bloomberg del 18 marzo 2016).

Per chi si fosse distratto ricordo che stiamo parlando degli stessi strateghi che non più tardi di 7-8 settimane fa prevedevano guadagni a due cifre in Europa, e che ora si aspettano quote insignificanti per andare da nessuna parte. L'inversione è stata particolarmente drammatica in Societè Generale, la banca d'affari francese che a febbraio 2016 prevedeva un aumento per l'Euro Stoxx 50 del 22%. Bloomberg titolava "Soc. Generale salta dal più grande bull market sull'azionario europeo a uno scenario ribassista". Infatti dopo aver tagliato il prezzo obiettivo di fine anno di 1.000 punti, ora la banca francese si attende per l'Euro Stoxx 50 un perdita a fine 2016 di circa mezzo punto percentuale. Complessivamente dei 12 guru interpellati da Bloomberg ben 10 hanno abbassato i loro obiettivi per il 2016 e questo drammatico turn around ha avuto luogo in soli due mesi.

E qua veniamo al punto: che cosa ha potuto produrre un cambio di sentiment così drastico verso l'azionario nel 2016 da lasciare a bocca aperta?... semplicemente la peggiore stagione degli utili dopo la crisi del 2007. Secondo il Financial Times dell'8 marzo 2016 è la prima volta dal 2008 ad oggi che un così grande numero di aziende europee fallisce le previsioni di guadagno per azione alias EPS (Earning Per Share) e ancora più importante è che le loro stime stanno cadendo a piombo. Se passiamo dall' Euro Stoxx 50 all' Euro Stoxx 600 siamo passati da una stima di quasi il 7% di un mese e mezzo fa al 2,9% attuale con un taglio degli analisti che riporta al valore più basso dal 2009. Siccome, si sa, le disgrazie non vengono mai sole, oltre al disastro sui guadagni, va notato che oltre tre miliardi di dollari nel solo mese di febbraio 2016 sono fuggiti dagli ETF azionari della zona euro. Secondo i provider di dati di Markit rappresenta il deflusso mensile più grande dal 2014 ad oggi. Rincara la dose un analista di JP Morgan, che al FT dichiara: "Le imprese europee sono intrappolate in una recessione dei profitti”, ma l'elemento cruciale di questa narrazione è la stima degli utili che sono scivolati verso il basso per cinque anni consecutivi e continuano a scendere, nonostante da febbraio 2011 ad aprile 2015 l'Euro Stoxx 50 sia cresciuto di un buon 25%.

Faccio notare che sei anni fa la mentalità deflazionistica non si era ancora insinuata così profondamente era un fenomeno molto più limitato e il sentiment negativo aveva prevalso nelle economie più colpite in Europa come Grecia e Portogallo, ma non aveva ancora raggiunto i motori principali di crescita del continente come Germania e Francia. L'umore sociale fluisce e scorre in un modello frattale in modo che i piccoli cambiamenti iniziali producono dei mal di testa minori a livello locale, poi man mano che questi spostamenti d'umore diventano grandi, tendono a sottoporre tutti i comparti economici ad emicranie debilitanti.

Così cominciamo a vedere casi significativi nell'economia reale. Sanofi, la più grande casa farmaceutica francese si prepara ad uscire dalla sua sede di Parigi sulla spinta del suo direttore generale Olivier Brandicourt per risparmiare denaro. La società si aspetta di risparmiare milioni di euro spostando i lavoratori a Gentilly, ma la mossa fa anche parte di una spinta più ampia per ottenere 1,5 miliardi di euro di risparmi eliminando costosi strati gestionali, semplificando le operazioni e tagliando posizioni sia in Francia sia all'Estero. Il Financial times dello scorso 7 marzo, accende invece i riflettori sulla Finlandia. In Finlandia, l'impulso pubblico di tagliare le spese ha reso il modello del loro lavoro famoso nel mondo già alcuni decenni fa. Fin dalla guerra d'inverno con la Russia nel 1940, l'economia della Finlandia è stata costruita sulla stoica cooperazione tra le imprese e i loro lavoratori. Ora dopo un decennio di recessione e basso tasso di crescita, la tradizione del consenso comincia a perdere colpi ed è in pericolo. Oggi deve affrontare la prova più importante, nel momento che i sindacati devono decidere se accettare un accordo che costringerà i lavoratori ad accettare più ore di lavoro in cambio di meno salario. Le concessioni dei sindacati hanno scosso la nazione, ma d’altra parte il peggioramento economico in Finlandia si trascina da 16 anni, l'economia ristagna, i prezzi al consumo sono scesi, e la disoccupazione è salita a due cifre, per cui c’è da ritenere che questo accordo che bloccherà gli  stipendi, aumenterà  i giorni lavorativi all'anno,  trasferirà una parte dei  costi assicurativi e pensionistici dalle  imprese ai lavoratori, sarà solo un primo passo verso un lungo processo di riforme dell’intero mercato del lavoro, che passerà man mano che la deflazione si radicherà.

Un altro settore critico in cui l'austerità è diventata la nuova normalità è l’Investment banking. Barclays, per esempio,  con sede a Londra,  ha appena rasato il suo budget di Bonus del 10% e  abbassato i compensi totale per i banchieri del 6%. Deutsche Bank, la più grande banca d'investimento d'Europa, aumenterà anche i margini di compensazione richiesti ai traders. Nel mese di marzo, la banca ha tagliato il suo bonus pool di  2,4 miliardi di euro, dopo aver precedentemente annunciato piani per ridurre i dividendi  e tagliare migliaia di posti di lavoro. Altrove, per abbattere i costi si stanno riducendo anche le buste paga dei vertici delle banche. Il CEO del Credit Suisse Tidjane Thiam ha preso un bonus tagliato dopo lo scarso rendimento della banca nel 2015. E per i dirigenti è appena stato annunciato un taglio della retribuzione variabile in caso di under performing della banca del 30%. L’unica grande banca europea che riuscirà ad aumentare i compensi dei banchieri anche quest’anno rimane la UBS con sede a Zurigo,  ma la cultura aziendale sconsiderata che ha precipitato la crisi finanziaria del 2008 è ancora abbastanza intatta e ci sono ancora diverse banche che sostengono posizioni rischiose, per cui è probabile che l’intero settore bancario dovrà affrontare ancora altre importanti discese e ridimensionamenti. A tal fine Bloomberg cita Credit Suisse, dove alcuni traders della banca stessa avrebbero truffato su partecipazioni  azionarie di debito pericolose ed  altre posizioni illiquide senza che gli alti dirigenti senior ne fossero a conoscenza. In realtà,  il CEO del Credit Suisse dice di essere venuto a conoscenza di queste posizioni erranti, ma solo a gennaio del 2016:  "Questo non è stato chiaro per me, non era chiaro al mio CFO e per molte persone all'interno della banca ", ha detto Thiam  a Bloomberg TV a marzo.

Forse è vero, ma se osserviamo il grafico di Credit Swisse, almeno gli azionisti di Credit Swisse non potevano essere così ignari, visto che le azioni dai massimi del 2007 sono scese ai minimi degli ultimi 24 anni, con un -40% solo dallo scorso mese di ottobre, quando la banca ha annunciato i piani per ristrutturare i conti e ha messo a bilancio altri 258 milioni di dollari di svalutazioni per quest’anno. Thiam ha ribadito la sua opinione che la banca ha preso provvedimenti per evitare altre sorprese.  Ma poiché a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, noi riteniamo che gli azionisti  di Credit  Swisse, già randellati a sangue,  si preparino ad affrontare lo choc finale: il perdita completa del loro capitale a causa del fallimento della banca. 

Ora continuano a dirci che la bolla del credito di oggi non può avere alcun precedente storico e le banche iniziano a vendere titoli a tasso negativo. La cosa non è per niente intuitiva, anzi suona paradossale, perchè investire in qualcosa di cui si conosce già che il ritorno sarà negativo non è semplice come idea da accettare. Vero è anche che quest’affermazione non è del tutto vera, giacché un titolo acquistato oggi a un rendimento negativo può ancora generare un rendimento positivo nel caso in cui i rendimenti diventino ancor più negativi, consentendo ai titolari attuali del debito di scaricare i loro legami su qualcun altro ad un prezzo superiore. Ma questo gioco del cerino o della patata bollente oltre che pericoloso non può durare molto tempo. Appena lo stato d’animo della società completa la sua transizione dall’ottimismo al pessimismo, i prezzi delle obbligazioni collasseranno causando una salita dei rendimenti a razzo , man mano che  la marea crescente del debito del continente diventerà sospetto. Ma fino ad allora non stupitevi se gli echi della vecchia mania del credito continuerà a risuonare perché il riso, si sa, abbonda sulla bocca degli stolti…

Dopo l’audace intervento di Draghi fior di strategist hanno  acclamato Draghi come la roccia del mercato, il salvatore della patria e via andare… Ricordiamo che Draghi ha ridotti tutti e tre i tassi di interesse della zona euro, ha ampliato i precedenti asset per includere anche i debiti societari non bancari ed incrementato il piano di acquisto di questi asset di 20 miliardi di Euro al mese. E la settimana successiva abbiamo visto le vendite di obbligazioni societarie salire ad un record settimanale di 23 miliardi di euro, la vendita di titoli spazzatura  raggiungere il massimo delle ultime 53 settimane e gli investitori riversare 857 milioni di dollari in fondi obbligazionari di grado speculativo. In parole povere come dicono gli strategist, la BCE ha dato ai mercati un “livello di sicurezza”.  Ma la contropartita alle osannate mosse di Draghi viene presto a galla ed è ben spiegata in questo articolo del sole 24 ore del 29 marzo scorso dall’emblematico titolo “Liquidità in eccesso e tassi negativi saranno tra noi per molto tempo ancora”  di cui metto solo il grafico e rimando alla lettura per chi volesse approfondire:

http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2016/03/29/liquidita-in-eccesso-e-tassi-negativi-saranno-tra-noi-per-molto-tempo-ancora/?uuid=a6Vzl22o

Il grafico mostra l’impennata della liquidità tornata quasi ai massimi del 2012, e fa capire che nonostante migliaia di miliardi di euro di stimolo e tassi negativi ormai in tutto il continente, il prestito si rifiuta ancora di crescere (o se preferite il cavallo si rifiuta di bere) e in altre parole il denaro non riesce a raggiungere l’economia sotto forma di nuovi prestiti. Alla fine il nuovo e luccicante piano di Draghi continuerà banalmente a sortire gli stessi effetti dei piani precedenti.  La tendenza del pubblico ad accumulare denaro durante i periodi di deflazione è la mosca dentro alla minestra della BCE. Inoltre gli investitori difensivi cercheranno di accumulare sempre più contante come abbiamo visto anche lo scorso mese, perché a un certo punto si avrà la sensazione che i rischi correlati al mantenimento dei soldi su un conto bancario,  siano maggiori rispetto ai rischi correlati al mantenimento dei soldi in casa e la cosa comincia a montare anche nelle banche stesse. Secondo una nota interna ottenuta dal quotidiano tedesco Frankfurter Algemine,  l’associazione delle casse di risparmio bavaresi, avrebbe determinato che per queste banche depositanti è più economico, mantenere i soldi nelle loro casseforti, che non depositarli presso la BCE. In numeri, le banche bavaresi hanno calcolato il costo annuale per mantenere la liquidità nelle loro casse a 1,785 euro all’anno per 1.000 euro; costo decisamente inferiore ai 4 euro all’anno che ora la BCE si carica tramite i tassi di deposito negativi… Quindi l’associazione ha consigliato le sue 71 banche aderenti di accumulare denaro nelle loro casse. Come ammette un blogger finanziario “questa è ufficialmente una rivoluzione totale del sistema finanziario, visto che ora le banche iniziano attivamente a ribellarsi alle politiche della banca centrale” (soverreignman.com 4, mar. 2016). L’immagine con cui abbiamo aperto questa lunga trattazione di Mario Draghi che si accende il sigaro con una banconota da 100 euro, dimostra che la ribellione si è già sparsa ben oltre un paio di voci isolate nella blogosfera. La didascalia recita “il pericoloso gioco di Mario Draghi con i soldi dei risparmiatori tedeschi”. Draghi nel 2015 si era classificato 2° nella lista dei 50 leader più grandi del mondo, stilata da Fortune. Quest’anno, Draghi non è riuscito a fare il taglio del tutto ed ora  il sentiment gli si comincia a rivoltare contro. La presidenza di Draghi scade a ottobre del 2019, ma con tutto il peso delle ire degli investitori che comincia a piovergli addosso, le probabilità  di una sua rimozione anticipata aumentano parecchio.

Alla prossima.     

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