Viaggiando verso l'anno 2023


Come promesso e visto l'alto numero di richieste pervenute in redazione, eccomi ad azzardare il mio viaggio tra le onde dei mercati per il 2023.

Guarderemo attraverso una sfera di cristallo che distorcerà la nostra immagine proiettandoci nel futuro. Con tutti i rischi del caso. Purtroppo non sono né un mago né un indovino ma credo che nel trading così come nella vita sia importante avere una strada da percorrere, un obiettivo da raggiungere. Forse per dare un senso a tutto ciò che facciamo. Certamente il percorso non sarà mai privo di ostacoli e mano a mano che gli stessi si presenteranno sul nostro cammino sarà indispensabile saperli affrontare ed eventualmente cambiare strada o direzione per non farsi troppo male.

Iniziamo subito col dire che il 2022 non è stato un anno facile o, se preferite, drammatico per tutti i portafogli e soprattutto per quella proporzione aurea 60% azioni-50% obbligazioni presente nelle varie gestioni. Baserò lo studio odierno su alcuni dati macro e su altri statistici utilizzando il Dow Jones che è l'indice più longevo al mondo.

A livello macro dobbiamo dire che nel 2022 nemmeno le Banche Centrali -europea in primis- sono riuscite a formulare previsioni corrette o affidabili sull'inflazione, anche se Vi ricordo che il sentore di un aumento della stessa lo avevamo già avuto -e scritto- su queste colonne nell'autunno del 2021 (sì avete capito bene: 2021, quindi ben prima del conflitto) quando avevo iniziato a parlare di prezzi al consumo fuori controllo (CPI Index) che trovate qui sotto con il commento che avevo fatto al tempo(link articolo: https://www.lombardreport.com/2021/12/18/commento-4/). Ecco quello che scrivevo:

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A titolo di esempio ricordo che la Presidente della BCE Lagarde più volte nel 2022 ha considerato l'inflazione come fenomeno transitorio: sarebbe stato più facile tirare i dadi e azzeccare che non leggere le previsioni del loro ufficio studi (stipendiati chissà quanto con soldi dei contribuenti). Probabilmente perché sono modelli che guardano più al breve periodo e quindi non sono in grado di considerare veri e propri shock (guerra ad esempio). Personalmente credo che i tassi verranno ancora alzati e negli Stati Uniti il punto di equilibrio si attesterà attorno al 5%-5.5%. L'aspetto positivo è che la dinamica dei rialzi diventerà mano a mano più lenta. Ora il focus è SOLO sull'inflazione che studieremo in seguito. Avere tassi alti e liquidità drenata dal sistema rende i mercati azionari molto più vulnerabili ad eventuali shock ma permette alle Banche Centrali di combattere -efficacemente- i ribassi (con tassi alti ci sono munizioni). Bisogna però fare un distinguo tra FED e BCE. La prima si è mostrata pronta e reattiva nel mettere in campo misure contro l'inflazione. La seconda ha dormito sugli allori (o sulle spine) e quindi si trova molto più vulnerabile. L'S&P500 oggi tratta 20 volte gli utili e quindi ci vogliono circa vent'anni per recuperare il capitale eventualmente investito. Se i tassi USA si collocheranno in un intorno del 5% perché investire nell'azionario e non nell'obbligazionario per vent'anni ad un tasso privo di rischio o a rischio più ridotto? Il resto del mondo invece si trova a multipli decisamente inferiori ed attorno al 15% quindi risulta comunque più attraente.

Tra i dati più importanti che ho osservato -e che valuteremo mano a mano che verranno pubblicati gli aggiornamenti periodici durante il 2023- c'è quello sull'occupazione americana. Dopo un 2020 a picco ed una recovery altrettanto veloce tra la fine dell'anno ed il 2021 e 2022, ci troviamo oggi a ben 153 milioni di occupati e sono stati superati i livelli antecedenti la pandemia.

Il grafico precedente ci dice una cosa molto semplice: il mercato del lavoro statunitense continua ad essere molto forte nonostante i licenziamenti di molte delle grandi aziende, penso ad esempio a quelli di Amazon annunciati una settimana fa. Personalmente ritengo che difficilmente ci possa essere una recessione senza tensioni sul mercato del lavoro. Avere più disoccupazione implica minore spesa da parte dei consumatori che alla lunga si traduce in minori utili per le aziende che a loro volta licenzieranno i dipendenti. Insomma un circolo vizioso.

Come ben sappiamo la problematica maggiore in questa fase è legata all'inflazione e la guerra non ha fatto altro che accelerare un processo che de facto era già in atto da tempo. Gli inglesi dicono che l'inflazione sale come un missile e scende come una piuma. Gran parte del rialzo dei prezzi è dovuto alle materie prime ed energetiche nonché a meccanismi distorsivi nella formazione dei prezzi. Le materie prime, petrolio in primis, sono scese parecchio così come il gas ad Amsterdam. E' altrettando vero che quando si aumenta il prezzo della tazzina di caffè al bar, quel prezzo sarà destinato a durare nel tempo e non verrà più ritoccato al ribasso. In altri termini c'è una componente che viene inevitabilmente inglobata dal sistema e nel sistema.

L'inflazione tende a seguire un pattern ciclico interessante ed attualmente ci troviamo sui massimi il che significa che molto probabilmente mano a mano che si andrà avanti nei mesi verranno tolti dal calcolo i mesi del 2022 che avevano registrato un picco improvviso e repentino. Essere su un picco non significa chiaramente e necessariamente avere un crollo successivo ma di certo una tendenza che non sarà più a salire. Nel grafico successivo troviamo l'inflazione rilevata (in nero) e l'andamento ciclico in rosso. Apparentemente risultano molto legate.

A prescindere da qualunque considerazione ciclica, è oggettivo che il CPI (consumer price index) si sia girato al ribasso almeno negli Stati Uniti come notate nel grafico successivo, segno che la lotta all'inflazione sta dando i suoi risultati (a costo di una recessione? Lo scopriremo).

E' poi interessante notare che quando ci sono state tre o quattro rilevazioni consecutive al ribasso del dato sull'inflazione il mercato è poi salito. E questo lo troviamo a partire dalla fine degli anni '80 che erano stati caratterizzati dalle politiche ultraespansive di Reagan. 

Molto interessante osservare anche lo sbilanciamento dei gestori nell'allocazione azioni contro bond: ci troviamo su valori negativi come a maggio del 2020 o andando ancora più indietro nel tempo a marzo 2009. Questo ci fa notare che se non si verificano shock ci sono teoricamente più spazi per reinvestire in azioni e quindi per una salita.

Anche i grandi operatori in questo momento sono estremamente negativi sul mercato e questo rappresenta un eccesso che in passato ha poi portato a rialzi (vedere i tratti in verde nel grafico successivo) tranne nel 2008 ("X" rossa nel grafico successivo):

Quello che non mi entusiasma è la curva dei rendimenti che continua ad essere inclinata negativamente e nel passato ha sempre anticipato le recessioni. Quando la curva si inclina abbiamo rendimenti maggiori nel breve che non nel lungo e questo è un controsenso: si corrono più rischi nel lungo che non nel breve, per questo il capitale dovrebbe essere maggiormente remunerato sulla parte più lunga e non su quella più breve. Di seguito trovate la situazione al 13 gennaio 2023.

E' altrettanto vero che la curva dei rendimenti NON è un indicatore di timing e faccio subito un esempio: guardate come era piatta o leggermente inclinata al ribasso nel 2006 quindi ben due anni prima della crisi del 2008 e poi comunque il mercato ha continuato a salire.

Guardare al futuro implica guardare indietro nel tempo. Un pò come capita in quello strano fenomeno astrofisico delle stelle morte: oggi osserviamo la luce di stelle che sono morte milioni di anni fa. Ma forse è proprio da quella luce che possiamo trarre qualche spunto per il futuro.

Sulla base di questa idea, sono andato a vedere cosa è successo nell'ultimo secolo in tutti gli anni che sono terminati con il numero 3. Di seguito trovate l'andamento di ciascun anno dal mese di gennaio a quello di dicembre.

Nel complesso possiamo dire che certamente abbiamo avuto due anni negativi: il 1923 ed il 1973 ed un anno come il 1953 che ha visto una debaclé iniziale ed una salita altrettanto veloce nella seconda parte dell'anno. Nel complesso mi sento di dire che gli anni che terminano con il numero 3 non sono stati poi così negativi. Faccio presente che tutti i grafici di cui sopra NON sono inflation adjusted, ovvero depurati dall'inflazione dell'anno considerato.

Considerando il ciclo decennale dal 1897 al 2015 e mettendo insieme l'andamento di tutti gli anni che finiscono con "0" (1900,1910,1920...fino al 2020), poi tutti gli anni che finiscono con "1" (1901,1911, 1921 e così via fino al 2021), col "2" (1902,1912,etc. fino a 2022) ed infine quelli che terminano col "3" (1903,1913,1923,....2003,2013) si ottiene questo andamento:

Andando a vedere le colonne "2" e "3" notiamo che gli anni che terminano col "2", come il 2022, hanno fatto segnare statisticamente un minimo importante. E così è stato -sino ad ora- anche nel 2022 che si è appena concluso. La colonna "3" (2023?) presenta una tendenza alla salita piuttosto marcata e poi un andamento sostanzialmente laterale dalla seconda metà dell'anno salvo poi salire decisamente verso novembre-dicembre. 

Ho scritto che il 2023 sarà un anno antecedente le elezioni presidenziali statunitensi. Cosa è mai successo in anni simili? Per prima cosa il focus attuale delle banche centrali e dei governi è quello della lotta all'inflazione. Sono quindi andato a vedere cosa è successo a cavallo di periodi particolari in cui ad esempio abbiamo avuto un cambio di presidente negli Stati Uniti, crisi militari e appunto inflazione. Uno di questi periodi può essere considerato senza dubbio quello agli inizi degli anni '60. Nel 1960 ci furono infatti le elezioni ed il democratico Kennedy (democratico come Biden) vinse con pochissimi voti di scarto sul repubblicano Richard Nixon (repubblicano come Trump). Questo accadde nel 1960 ed il mercato scese come per noi è stato nel 2020. L'anno successivo (1961) fu caratterizzato da una forte e decisa salita come è stato per noi il 2021. Nel 1962 ci fu la crisi dei missili cubani di cui forse avevo fatto cenno in un articolo nel marzo 2022 quando da noi in Europa è scoppiata la guerra (24 febbraio2022).

Nel grafico successivo trovate l'andamento del Dow Jones nel 1960-1961 e 1962 ed in parte quello che è poi accaduto nel 1963: nella parte in basso sono indicati gli anni, in quella in alto di colore blu ho indicato le similitudini con il 2020-2021-2022. Sappiamo che il 2020 ha visto il problema del Covid, il 2021 è stato caratterizzato da una fortissima risalita ed infine il 2022 ha avuto il problema della guerra e del caro prezzi. Direi che ci sono veramente molte analogie tra gli anni '60 ed il periodo attuale, almeno graficamente. Dopo un anno difficile (1960 come nel 2020) c'è stato un recupero fortissimo (1961 come nel 2021). Notate ad esempio quella sorta di doppio minimo "sporco" del 1962. Al momento è molto simile a quello che è accaduto recentemente: minimo significativo tra giugno e luglio 2022 e minimo a fine settembre2022 e poi salita successiva. 

Nel grafico che ho appena postato trovate una grossa analogia con il pattern decennale dell'inizio di ogni decennio che ho già postato.

Osservando quello che è accaduto dopo lo scoppio della bolla internet negli anni 2000 (grafico successivo) notiamo poi che nel 2002 c'è stato un grafico che ci ricorda da vicino l'attuale andamento delle Borse, specialmente nei punti "1" e "2": un doppio minimo "sporco" che ha poi portato ad un poderoso rialzo nel 2003. Sarà così anche nel 2023 ?La storia si ripete come scriveva Vico, ma non è mai la stessa perché cambiano le variabili.

Abbiamo visto che il 2023 è un anno che presenta analogie con periodi simili del lontano passato. Consideriamo ora SOLO gli anni pre elettorali e guardiamo quello che è successo negli ultimi ottant'anni. Nel grafico seguente in alto troviamo l'andamento medio ed in basso il ritorno mensile (rendimento). Notiamo chiaramente che la parte più favorevole all'upside è quella iniziale, poi dalla fine del mese di aprile e fino ad ottobre si ha un sostanziale andamento laterale. Solo col finire dell'anno abbiamo nuovamente una gamba rialzista. Come ho più volte detto, possiamo comprendere da questi grafici il "quando" ma NON il "quanto". In altri termini abbiamo un'indicazione di massima sull'andamento tendenziale ma non sulla sua intensità. Nella parte sotto il grafico vediamo infatti che gran parte del guadagno o se preferite del rendimento positivo è concentrata nel primo quarter dell'anno, poi va via via scemando o comunque si posiziona in un intorno dello zero.

A mio avviso nel 2023 l'inflazione mano a mano rallenterà e si vedranno i frutti dell'azione della FED specialmente quando scompariranno dal calcolo i vecchi dati che erano stati particolarmente alti a febbraio/marzo dello scorso anno. Ci sarà un forte rallentamento della crescita che porterà ad un leggero aumento della disoccupazione ma non mi aspetto una recessione. Credo che parte dell'inflazione sia dovuta anche al fattore tempo ovvero agli intoppi nella supply chain a causa dei vari blocchi cinesi. Questa situazione si sta tuttavia normalizzando. Aggiungo che potranno esserci notizie positive come la fine del conflitto in Ucraina che potrebbero portare ad un rialzo decisamente più robusto. Se questo accadesse anche l'inflazione potrebbe scendere molto più velocemente del previsto permettendo ai policy maker di rimanere molto più blandi nelle politiche adottate nel corso del 2022.

Ed ora tracciamo le somme e proiettiamoci in avanti di 12 mesi.

Questo è quello che mi aspetto per il 2023: inizio anno scoppiettante e con tendenza a salire fino alla fine del primo trimestre/quadrimestre, poi un sostanziale laterale "sporco" e choppy quindi senza una vera e propria tendenza se non verso la fine dell'anno a partire da novembre.

Ad maiora!

PNA

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)