NASDAQ100 WEEKLY - Ottima reazione dei mercati azionari USA !


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IL REPORT SETTIMANALE PRENDE UNA PAUSA E TORNA TRA DUE LUNEDI'.

Ottima reazione dell’azionario USA dopo i primi dati delle trimestrali economiche.

Ad inizio settimana il sentiment sui mercati azionari USA rimarcava una continuazione della debolezza manifestatasi nel fine settimana precedente a causa dei rialzi delle quotazioni del petrolio (ben sopra 80$ e ai massimi dal 2014), e dei rendimenti dei bonds, colpendo particolarmente i titoli delle big tech e le growth stocks. Poi con l’uscita dei dati macro dei CPI, soprattutto “core” che vedremo nel relativo capitolo, è iniziato il movimento di correzione dei rendimenti che è continuato anche nei giorni successivi grazie anche all’uscita dei dati sui PPI ed il conseguente lieve calo del dollaro, supportando tutto il movimento al rialzo sull’azionario in particolar modo sui titoli precedentemente più colpiti come quelli del Nasdaq che insieme all’S&P500 chiude una settimana in netta crescita.

E’ iniziata la vera stagione delle trimestrali economiche con i titoli bancari che hanno pubblicato i loro report: tutti risultati positivi per Bank of America, Wells Fargo, Morgan Stanley, Citigroup, US Bancorp (soprattutto nell’investment banking) e Goldman Sachs che ha riportato una trimestrale mostruosa con guadagni strepitosi ed ancora una volta ha consolidato la sua posizione come una delle banche più forti in circolazione; mentre al di sotto delle aspettative JP Morgan ma, ironicamente, il settore bancario è quello che meno ha beneficiato del rialzo generalizzato degli indici. Rispetto alle ultime 4 trimestrali, le attese sugli utili si sono via, via ridimensionate nell’avvicinamento verso le prossime. Come si nota dal grafico e dalla tabella, le previsioni delle aziende si sono deteriorate nell'ultimo periodo, con i CEO impegnati a "gestire" le attese, portandole su livelli facilmente battibili.

Il ritorno a quest'esigenza da parte delle aziende lascia forse intendere che la sorpresa media tornerà maggiormente in linea col passato, e non sarà più a 2 cifre, come nell'ultimo anno. Questo ritorno nei ranghi può avere più motivazioni:

a) gli analisti sono diventati troppo ottimisti o forse più malleabili in base alle previsioni delle società;

b) i margini cominciano ad essere erosi dall'aumento dei prezzi e dalle difficoltà di approvvigionamento, Proprio in settimana, alcune indiscrezioni hanno riportato che Apple potrebbe, molto probabilmente, ridurre gli obiettivi di produzione (ca. 10 mln di pezzi) del nuovo iPhone a causa della mancanza di semiconduttori;

c) il Dollaro si è rafforzato, cosa che solitamente ha un impatto sugli utili;

d) l'effetto dello stimolo fiscale sta un po' scemando.

Comunque, una stagione delle trimestrali meno brillante è, almeno in parte, già scontata dall'azionario USA. Il rally che ha caratterizzato il mese prima dell'inizio delle 4 pubblicazioni precedenti questa volta non si è verificato, anzi, c'è stato un consolidamento (v. grafico):

Vediamo, ora, anche qualche lato negativo che si affaccia all’orizzonte in quanto tra gli investitori ci pare di registrare un discreto livello di incertezza sul mercato USA:

1) il posizionamento sull’azionario, che è stato elevato tutto l'anno, è rientrato su livelli normali, come mostra nel grafico, la previsione di Deutsche Bank. Sui livelli attuali il posizionamento non rappresenta un motivo per comprare, anche se non costituisce un motivo di cautela.

2) anche gli indicatori di sentiment sono rientrati. La AAII survey, ora vede una preponderanza di venditori. Anche il Fear/greed index di CNN Money, a 32, segnala “timore".

3) vari indicatori mostrano che il retail si è alquanto "raffreddato". Il Put call ratio (media mobile a 10 gg) è tornato su livelli medi (che sono più o meno i massimi per quest'anno). Il volume negli ETF “inverse” (quelli che performano quando l'azionario scende) è ai massimi storici, a mostrare un’intensa attività di hedging degli investitori (cosa che anche noi abbiamo da tempo nel nostro Portafoglio, ma in quantità modeste).

A ciò inseriamo sempre i timori di inflazione e quelli persistenti sullo stato dell'economia cinese, i problemi su shutdown, debt ceiling, e budget che sono rinviati solo di qualche settimana.

Con questo non vogliamo dire assolutamente che la festa è finita, anzi auspichiamo un rimbalzo degli indici che sembra già iniziato; sicuramente un po' più moderato rispetto alle precedenti aspettative ma, con fasi alterne, lo spazio c’è per andare a far registrare nuovi massimi storici, fermo restando (nel frattempo) di non andare a rompere i precedenti minimi degli inizi di ottobre.

Passando ora ad altro argomento, troviamo la pubblicazione del report del meeting della FED di settembre che ha confermato un ampio consenso all’interno del FOMC sull’annuncio del “tapering” per novembre. Il QE potrebbe essere annunciato il 3 Novembre e iniziare a metà mese, per concludersi a metà 2022, prevedendo quindi una riduzione di 15 bln $ (10 di treasury e 5 di Mortgages) al mese. Sull’inflazione, la maggioranza dei membri del FOMC sembra continui a mantenere l’idea che questa si rivelerà temporanea e il PCE inflation tornerà sotto il 2% nel corso del 2022, nonostante i rischi verso l’alto siano stati ancora una volta ben evidenziati. Infatti all’interno del comitato alcuni membri ritengono che un rialzo dei tassi potrebbe essere giustificato già nel 2022 per far fronte ad un aumento dei prezzi che non ritengono si placherà già l’anno prossimo.

Infatti i tassi monetari sulla curva USA, in barba alle previsioni della FED, prezzano ormai oltre un rialzo l'anno prossimo e altri 2 comodi nel 2023 (nel grafico la curva monetaria USA con l’adeguamento del prezzo occorso nell'ultimo mese - la curva verde acceso è quella odierna):

Il bello è che anche in Eurozone sta avvenendo lo stesso adeguamento, sia pure più modesto rispetto agli USA, con la curva che prezza 20 bps di rialzo entro il 2023. Vuoi vedere che le curve dei tassi stanno mettendo in discussione il mantra di "inflazione temporanea" portato avanti in coro dai Banchieri Centrali?

E passiamo in CINA all’”affaire” Evergrande che ha mancato nuovamente il pagamento degli interessi su due bond denominati in USD. Alcuni investitori che avevano acquistato i due bond che prevedevano il pagamento delle cedole in settimana hanno fatto sapere che non hanno ricevuto alcuna pagamento da parte del colosso immobiliare cinese. La società avrà a disposizione i prossimi 30 giorni per far fronte alla liquidazione delle cedole dovute che ammontano a 148 milioni $. Ma vedremo entro pochi giorni come finirà la telenovela del default tecnico di Evergrande visto che, per le prime scadenze dei bonds, termina il periodo di grazia (i famosi 30 gg.).

Anche lo sviluppatore immobiliare cinese, Sinic, avverte di default su un'obbligazione da 250 milioni di dollari in scadenza la prossima settimana. Sinic Holdings ha 694 milioni di dollari in obbligazioni in circolazione e ha già mancato i rimborsi sul territorio nazionale il mese scorso.

I costi di indebitamento per il debito con rating spazzatura in dollari, che è dominato dagli sviluppatori immobiliari cinesi, sale al livello più alto in circa un decennio con rendimenti al 17,5%.

Da osservare che: da una parte le autorità cinesi stanno allentando le misure contenitive della speculazione immobiliare. In un meeting a fine settembre i regulators avrebbero detto alle banche di accelerare l'approvazione di mutui e gli avrebbero concesso di cartolarizzarli per liberare spazio sui book. Dall’altra la verità è che le immobiliari cinesi in difficoltà si stanno moltiplicando, ed è questione di tempo che qualche cedola di bond estero produca un default tecnico di qualcuno.

Come riportato in precedenza, il quadro dei rendimenti è di rialzo generalizzato con dei picchi (v. lunedì scorso a 1,636% che non si vedeva da inizio giugno) che riportano azioni di ricoperture e che creano forti cali dei tassi reali ma non dei breakeven inflation (che vedremo in seguito). La settimana è stata poi influenzata dall’uscite dei dati macro al di sotto delle attese (CPI e PPI) che hanno ridimensionato la portata del rialzo fino a 1,509% per poi chiudere le contrattazioni a 1,574%.

Detto delle aspettative di inflazione che continuano a salire ovunque, i breakeven inflation USA continuano a far registrare nuovi massimi che non si vedevano dal marzo 2013, cosa che, messa insieme al calo dei tassi nominali dei bonds dal 5 anni in su, produce un calo ancora più netto dei tassi reali. La settimana si chiude con il 10YE che è salito al 2,56% contro il 2,50% di due venerdì fa.

 

Passiamo ora all’analisi grafica del nostro indice di riferimento delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Come visto in precedenza, l’inizio di settimana si presenta un po' burrascoso per l’indice tech a causa del rialzo dei rendimenti e del dollaro forte con l’indice che torna a testare il supporto in area 14750 (ritracciamento del 27,2% della gamba rialzista d-e) rompendolo di poco ma, soprattutto, senza andare a testare il successivo supporto e ben più importante in area 14350 (ritracciamento del 38,2% della gamba rialzista d-e). Da qui il successivo rimbalzo che in 3 sedute riporta i valori da 14650 a 15150, livello di resistenza che ha, de facto, fermato il rialzo varie volte tra luglio ed agosto scorso contribuendo a chiudere gli ultimi due gap ancora aperti ma producendone un altro. La cosa positiva che notiamo è che ogni volta che l’RSI si inclina all’ingiù, si produce una reazione forte all’ipervenduto sia esso più o meno profondo. Ora per il prosieguo del rialzo non c’è molto da fare, sicuramente rompere l’area di resistenza a 15150, intermezzo a 15400 per poi andare all’attacco dei precedenti record. In questa fase, imperativo non rompere l’area di supporto a 14350 ma anche un re-test non sarebbe visto di buon occhio. La settimana si è chiusa a 15146.92 con un guadagno del + 2,20% che porta l’indice ad un guadagno del + 17,52% da inizio anno 2021.

Situazione leggermente migliore dell’S&P500 rispetto all’indice tech. La correzione molto più contenuta di due settimane fa, ha portato il conseguente rimbalzo a chiudere la settimana ad un passo dai precedenti massimi storici (manca un 1,66% !). Con le uscite delle prossime trimestrali economiche, se non succede una catastrofe, dovremmo ritornare in praterie inesplorate. Poi se il percorso sarà ancora lungo o meno, lo chiederemo a Mago Merlino. Il ribasso anche questa volta è stato fermato dall’area di supporto 4325 (ritracciamento del 27,2% della gamba rialzista d-e) e quindi non è certo il momento per andarla a ritestare. La settimana di contrattazione si è chiusa a 4471.37, con un guadagno del + 1,82%, il che porta ad una performance del + 19,04% da inizio 2021.

In scia agli altri due indici, anche il DOW JONES mette a segno un buon rimbalzo, ed essendo quello che meno ha guadagnato da inizio anno è abbastanza normale che sia quello che si trova a minor distanza dal precedente massimo storico (manca un irrisorio 0,95%). La benzina dei dati trimestrali sta arrivando ma non così corposa da far pensare ad una lunga corsa. Se seguisse la mediana del canale rialzista sarebbe già un buon successo. Vedremo. Questa volta la fase correttiva si è fermata in area 34250 sul primo supporto del 27,2% della gamba rialzista d-e. Per il momento i prezzi non dovrebbero scendere sotto tale area. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 35294.76 con un guadagno del + 1,58% il che riporta ad una performance del + 15,32% da inizio anno 2021.

ORO INDEX 

Continua la saga dei su e giù dell’Oro nel corso della settimana, per poi tornare al capolinea con un nulla di fatto. Fiammate di acquisti subito dopo le uscite dei dati macro sotto le attese degli analisti (v. dati sull’occupazione di due settimane fa e CPI e PPI di questa) e chiusura di contrattazioni settimanali con altrettanti vendite. Tocca e vai, prendi e scappa. Il canovaccio è quello di acquistare sulla notizia, ma appena i prezzi mettono il naso in area 1800 $/oz. gli acquirenti scompaiono ed arrivano gli scopertisti che riportano i prezzi in basso intorno all’area 1740 $/oz. dove ricompaiono gli acquirenti. E’ da giugno che questo teatrino va avanti, ovviamente con range di prezzi appena un po' diversi, ma il succo di tutto è che la commodity non ha un moto proprio e viene influenzata molto facilmente, dalle varie fluttuazioni di altre componenti finanziarie, tipo i rendimenti dei bonds, i bitcoin, il dollaro, il petrolio, ecc. ecc. Graficamente da tener presente solo l’area sotto i 1700 $/oz. dove incombe un possibile baratro fino a 1600 $/oz. ma non crediamo che ci arriverà, a meno di notizie catastrofiche.

E veniamo agli altri due metalli preziosi che seguiamo nel nostro Portafoglio. Per quanto riguarda il Platino, continua la fase rialzista del metallo dopo i minimi di quattro settimane fa. Superare i 1100 $/oz. sarebbe già un buon traguardo di breve. Stesso discorso potrebbe valere per quanto riguarda l’Argento visto che i prezzi sono riusciti a rompere i 23,15 $/oz., ma la chiusura settimanale a ridosso di tale area ci fa essere ancora dubbiosi. Dobbiamo attendere ulteriori conferme sopra tale area. La settimana dell’Oro è si è chiusa a 1768.30 $/oz., con un guadagno del + 0,62%, con il deficit da inizio anno al – 6,69%. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 1766.45 $/oz. con un guadagno del + 0,56%. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES DICEMBRE 2021:

LA POLITICA DEGLI STATI UNITI

Le minacce del cambiamento climatico all’economia. Questo il tema affrontato da un piano presentato venerdì scorso dall’amministrazione Biden.

In un articolo di una prestigiosa testata giornalistica si spiega che quest’anno eventi di clima estremo hanno colpito un americano su tre, secondo le dichiarazioni federali, ed interrotto in tutto il paese le catene di approvvigionamento. Viene anche riportato che secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration negli ultimi cinque anni le condizioni meteorologiche estreme sono costate agli americani più di 600 miliardi di dollari in danni.

Il piano spiega in che modo il cambiamento climatico influenzerà le aziende nelle quali le persone hanno investito e punta a proteggere i risparmi e le pensioni delle famiglie americane con piani pensionistici.

Nel report viene evidenziato che il Dipartimento del Lavoro “sta guidando gli sforzi per rimuovere barriere normative ed assicurare che i fiduciari del sistema previdenziale possano inserire i rischi materiali legati al clima nelle loro decisioni di investimento”. “Questi sforzi proteggeranno meglio i risparmi di una vita dei lavoratori americani e delle loro famiglie dagli impatti del cambiamento climatico e potrebbero anche mobilitare capitale verso investimenti sostenibili”. Nella tabella di marcia viene anche indicato come le agenzie possono migliorare la resilienza delle infrastrutture ad eventi climatici avversi, come possono sfruttare gli appalti federali per affrontare il rischio finanziario legato al clima ed includere il rischio legato al clima nel finanziamento e nel bilancio federale.

Gina McCarthy, consulente nazionale per il clima, giovedì ha detto: “Il cambiamento climatico rappresenta un rischio per la nostra economia, per le vite e i mezzi di sussistenza degli americani, e dobbiamo agire ora”. “Questa tabella di marcia non riguarda solo la protezione del nostro sistema finanziario, riguarda la protezione delle persone, dei loro stipendi e della loro prosperità”.

Bharat Ramamurti, vicedirettore del National Economic Council, ha dichiarato: “Stiamo adottando un approccio precauzionale che rispecchia il fatto che l’immobilismo non è un’opzione”.

LA POLITICA USA – CINA

Due fonti di Reuters hanno riportato che Xia Haijun, amministratore delegato di Evergrande Group, è stato per più di due mesi ad Hong Kong, dove la società immobiliare ha una forte presenza. Un’altra fonte, invece, ha aggiunto che Xia Haijun ha parlato con banche e creditori, ma non ha specificato di cosa. Sempre una di queste fonti ha detto che Xia aveva bisogno di comunicare con le banche straniere su estensioni di prestito e rimborsi. Evergrande al momento ha a che fare con più di 300 miliardi di dollari di passività.

Evergrande si è impegnata per cedere alcuni suoi asset in modo da raccogliere denaro. Reuters ha riportato che Yuexiu Property si è tirata fuori da un accordo proposto da 1,7 miliardi di dollari per acquistare l’edificio della sede di Hong Kong di Evergrande a causa delle preoccupazioni riguardo la grave situazione finanziaria di Evergrande stessa. L’azienda però è ai dettagli per la cessione del 51% di Evergrande Property Services ad Hopson Development per 2,57 miliardi di dollari.

Venerdì Zou Lan, direttore del dipartimento dei mercati finanziari della banca centrale cinese, ha detto che i rischi posti da Evergrande sono “controllabili”. Zou Lan ha dichiarato: “I problemi di Evergrande Group sono un fenomeno individuale nel settore immobiliare”. “La maggior parte delle imprese immobiliari stanno operando in modo stabile ed hanno buoni indicatori finanziari, e nel complesso il settore immobiliare è sano”. Ovviamente non è così, in quanto già sappiamo che altre società immobiliare cinesi sono in crisi per non aver rimborsato i propri bonds in scadenza.

LA POLITICA DELLA FED

Stando ai verbali del meeting di settembre della FED, rilasciati mercoledì, presto potrebbe iniziare il processo di “tapering”, ovvero una riduzione dell’acquisto di asset. Nel verbale è indicato che la banca centrale ridurrebbe lentamente i 120 miliardi di dollari al mese di acquisti di obbligazioni, probabilmente inizierebbe con un taglio di 10 miliardi al mese nei Treasurys e di 5 miliardi al mese nei titoli garantiti da ipoteca (MBS).

Sempre secondo quanto riportato dai verbali, i partecipanti al meeting hanno comunemente stimato che probabilmente sarebbe appropriato un processo di “tapering” graduale che si concluda circa a metà del prossimo anno, a condizione che la ripresa economica resti sulla buona strada. Il prossimo incontro della FED è in programma per inizio novembre e nel caso si dovesse decidere di dare il via al “tapering” in quell’occasione, il processo potrebbe partire da metà novembre o metà dicembre.

Qualche preoccupazione in merito alle pressioni inflazionistiche e alla loro durata: “La maggior parte dei partecipanti ha visto i rischi di inflazione come ponderati al rialzo a causa delle preoccupazioni che interruzioni delle forniture e carenze di manodopera potrebbero durare più a lungo ed avere effetti più grandi o più persistenti sui prezzi e sui salari di quanto ipotizzato attualmente”, viene riportato nel verbale.

Chi propende per una partenza del “tapering” in novembre è Thomas Barkin, presidente della FED di Richmond, che ha dichiarato: “Se decidiamo riguardo al “tapering” nel prossimo incontro, avremo una discussione su quale di queste due date (novembre o dicembre, ndr) sono sicure, ed il mio istinto sarebbe che se decidi, vai avanti”. “Ma sarò sicuramente aperto a dibattiti da entrambe le parti”.

Per quanto riguarda l’alta inflazione, da un lato Barkin la riconduce a fattori temporanei, dall’altro ammette che risulta essere un problema più grande di quanto si aspettasse: “Penso ci sia rischio sul lato dell’inflazione, e lo sto osservando molto attentamente”.

Funzionari della FED hanno sottolineato che anche dopo l’avvio del “tapering”, ci vorrà un po’ di tempo prima che inizino i rialzi dei tassi d’interesse. Barkin per la decisione sul rialzo dei tassi si baserebbe su due fattori: inflazione e livello di occupazione.

Il presidente della FED di St. Louis, James Bullard, si è espresso a favore di un approccio ‘aggressivo’ della FED nella riduzione del programma mensile di acquisto di obbligazioni, con un occhio al rischio che l’inflazione diventi un problema più grande. Bullard, che sostiene la partenza del “tapering” a novembre, ha dichiarato: “Sostengo di cercare di finire il processo di “tapering” entro la fine del primo trimestre del prossimo anno perché voglio essere in una posizione tale da riuscire a reagire a possibili rischi di natura inflazionistica il prossimo anno mentre proviamo ad uscire dalla pandemia”. In merito alle cause dell’inflazione alta, Bullard ha detto: “Uno shock dell’offerta da solo non può causare inflazione”. “Uno shock dell’offerta accolto da una politica monetaria molto accomodante, sono questi due fattori che portano all’inflazione”.

Lo scorso martedì, come riportato da Reuters, anche Raphael Bostic, presidente della FED di Atlanta, ha parlato di inflazione, spiegando che molte delle tendenze dei prezzi causate dalla pandemia si “distenderanno da sole”, ma ha avvertito che alcune delle interruzioni della catena di approvvigionamento potrebbero durare più a lungo di quanto pensato inizialmente. Ad un evento virtuale organizzato dal Peterson Institute for International Economics, Bostic ha detto: “Fino a oggi, gli indicatori non suggeriscono che le aspettative di inflazione di lungo periodo siano pericolosamente slegate”. “Ma le pressioni episodiche potrebbero durare abbastanza a lungo da disancorare le aspettative”. Bostic ha anche detto che pensa sia il momento di rivedere la politica monetaria, partendo dalla riduzione degli acquisti di asset mensili.

Tuttavia, come abbiamo visto nei dati di mercoledì sui prezzi al consumo, le pressioni inflazionistiche sono continuate al ritmo più veloce degli ultimi decenni, anche se il dato senza le componenti più volatili è rimasto fermo al 4%.

DATI MACROECONOMICI

I job openings di Agosto hanno per la prima volta deluso il consenso, uscendo a 10.4 milioni contro i 10.9 attesi e in calo di oltre 600.000 da Luglio, numero che è stato però rivisto a oltre 11 mln. Ma soprattutto le dimissioni volontarie hanno fatto il nuovo record, al 2.9 % del totale, ad indicare un mercato del lavoro in cui le aziende competono per attirare i lavoratori.

L’indice di prezzi al consumo core (ovvero che esclude il settore del cibo e dell’energia) a settembre, a livello mensile, registra una crescita dello 0,2% in linea con il consensus e dopo il +0,1% di agosto. Il dato annualizzato, invece, a settembre segna un +4%, esattamente come ad agosto, ma alcune componenti stanno già dando segnali di aumento e parliamo dei prezzi del cibo e della ristorazione, dagli affitti ai costi dell’energia; anche in questo caso la crescita è in linea con il consensus. I due dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Nella settimana terminata il 9 ottobre, il numero di richieste iniziali di sussidi di disoccupazione hanno di nuovo sorpreso al ribasso, terminando finalmente sotto quota 300 mila, per la precisione si è attestato a quota 293 mila, numeri che finalmente cominciano ad avvicinarsi alla normalità. Per trovare numeri simili, sotto le 300 mila unità, bisogna tornare indietro a marzo 2020 (prima del Covid i claims erano circa 220-230mila a settimana). Il consensus prevedeva un calo più contenuto, a 319 mila, rispetto al dato della settimana terminata il 2 ottobre, pari a 329 mila (rivisto da 326 mila). Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.

I prezzi alla Produzione di Settembre sono terminati a loro volta sotto attese (in particolare la componente core). Infatti, quest’ultima (che esclude il settore del cibo e dell’energia) a livello mensile, cresce dello 0,2% rallentando rispetto al +0,6% di agosto. Il consensus prevedeva un rialzo dello 0,5%. In realtà il dato presenta un po' le caratteristiche del CPI, con il brusco calo delle tariffe aeree a pesare sul dato e componenti meno volatili a mostrare salite brusche. Ovviamente i rialzi della componente “energy” devono ancora riflettersi appieno. A livello annualizzato, invece, la crescita è del 6,8%; meglio del 6,7% di agosto, ma sotto al consensus fissato al 7,1%. I due dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Altro dato clou settimanale era costituito dalle retail sales. I numeri sono decisamente buoni e sopra attese, sia come headline che depurati delle componenti volatili. La domanda per consumi rimane robusta in quest'autunno negli USA, anche se ovviamente il tasso di accelerazione della prima parte dell'anno, quando fioccavano gli assegni-sussidio, è un ricordo. Il dato sulle vendite al dettaglio Control Group a settembre cresce dello 0,8% dopo il +2,6% (rivisto da +2,5%) di agosto. Il rialzo di settembre è superiore a quanto previsto dal consensus, fissato a +0,4%. Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.

Per contro, ridimensionamento dell’Empire manufacturing. Dato uscito a 19,8 punti che ha deluso calando oltre quelle che erano già attese prudenti a 27 punti, nettamente peggio dei 34,3 punti di settembre. La debolezza è riflessa nei nuovi ordini (-9,4 a 24,3). Tra l’altro i prezzi pagati (+3,0 pt. a +78,7) ed i tempi di consegna (+1,5 pt. a 38,0) confermano inflazione e colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento in aumento.

Peggio delle attese anche l’indice di fiducia dei consumatori, elaborato dall’Università del Michigan, che scivola dai 72,8 punti di settembre agli attuali 71,4 (dato preliminare di ottobre) deludendo il consensus fissato a 73,1 punti. La componente dell’indice relativa alle condizioni attuali, mostra un dato preliminare di ottobre di 77,9 punti, anche in questo caso in calo rispetto a settembre (80,1 punti) e sotto al consensus (82 punti), mentre le attese di inflazione sono, ovviamente, al rialzo.

PORTAFOGLI AZIONARI

Operatività limitata e risultati limitati nel corso della settimana appena trascorsa sui nostri Portafogli azionari. Per quanto riguarda l’operatività sul Portafoglio Storico siamo andati a target, con la strategia “SwingItalia” sui titoli RECORDATI + 1,63% e SNAM RETE GAS + 1,19%. Ricordiamo agli abbonati, visto che qualcuno ancora lo chiede, che questa strategia di brevissimo periodo, prevede un rimbalzo delle quotazioni dopo qualche giorno consecutivo di negatività. E’ quindi ovvio, che le percentuali di gain non siano sempre buone ma, meglio discrete che un cazzotto in pancia. Del resto guadagnare, seppur poco, ma nel giro di pochissimi giorni consente di far girare il capitale ed avere sempre a disposizioni le risorse per effettuare più operazioni. Per quanto riguarda la strategia del Breakout dei massimi, al momento, nessun ordine è stato eseguito ma, vista la fase rialzista, confidiamo che qualche titolo cada nella rete.

Tutto fermo nel Portafoglio “The Challenge”. Le prossime pubblicazioni di trimestrali economiche dovrebbero portare qualche buon utile, mentre rimaniamo in attesa sugli acquisti degli ETF su settori innovativi.

Alla prossima.

PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 NELLA SETTIMANA APPENA TRASCORSA.

FASTENAL + 5,73%. La società è impegnata nella distribuzione all'ingrosso di forniture industriali e da costruzione in Nord America. L'azienda offre bulloni, dadi, viti, prigionieri e relative rondelle; e forniture varie e hardware, ha riportato utili nel terzo trimestre 2021 pari a 0,42 $/az. su un fatturato di 1,55 mld $. La stima degli analisti per gli utili era di 0,42 $/az. su un fatturato pari a 1,54 mld $. I ricavi sono cresciuti del 10,0% su base annua.

In una nota, la società ha dichiarato: “l'impatto sulle nostre vendite dell'attuale aumento delle infezioni e dei ricoveri è significativamente ridotto rispetto a quanto registrato nello stesso periodo dell'anno precedente. L'impatto complessivo dei prezzi dei prodotti sulle vendite nel terzo trimestre del 2021 è stato compreso tra 230 e 260 punti base. Continuiamo a subire pressioni legate all'inflazione dei costi dei materiali e dei trasporti per tutta la nostra gamma di prodotti, ma è particolarmente importante per gli elementi di fissaggio e le spedizioni all'estero. Le azioni di determinazione dei prezzi intraprese nel corso del 2021 nell'ambito della nostra strategia per mitigare l'impatto dell'inflazione del mercato sulla nostra percentuale di margine lordo hanno contribuito all'aumento dell'impatto dei prezzi netti sulle vendite nel terzo trimestre del 2021. Continueremo a intraprendere le azioni necessarie per mitigare il impatto dell'inflazione sui costi dei prodotti e dei trasporti nel quarto trimestre del 2021.

WALGREENS BOOTS ALLIANCE + 3,25%. La società gestisce una catena di negozi di farmacie negli Stati Uniti. Rappresenta la tua farmacia sotto casa, che vende farmaci da prescrizione e da banco anche via, posta, telefono e online, ha riportato utili nel quarto trimestre fiscale 2021 pari a 1,17 $/az. su un fatturato di 34,26 mld $. La stima degli analisti per gli utili era di 1,02 $/az. su un fatturato pari a 33,30 mld $. I ricavi sono diminuiti dell’1,4% rispetto allo stesso trimestre di un anno fa. La società ha detto che prevede utili per l’intero anno fiscale 2022 pari a ca. 4,91 $/az. L'attuale stima degli analisti per utili pari a 5,06 $/az.

L'A.D. della società, Roz Brewer, ha dichiarato: "I risultati del quarto trimestre e dell'anno fiscale 2021 hanno superato le aspettative, guidati da una forte performance nel nostro core business. Le vendite nelle farmacie e al dettaglio negli Stati Uniti hanno visto una crescita robusta e una ripresa continua anche nel nostro business nel Regno Unito con l'allentamento delle restrizioni COVID-19 nel trimestre. Rimango estremamente orgoglioso dell'impegno costante dei membri del nostro team nel soddisfare le esigenze dei nostri pazienti, clienti e comunità. Il ruolo del farmacista e della farmacia locale è ora più vitale che mai".

ORDINI DI ACQUISTO NUOVE POSIZIONI DELLA SETTIMANA (18/10/2021)
Non sono presenti ordini di acquisto per la settimana entrante.
 

Pagina a cura di SANDRO MANCINI e GIANMARCO LUCHETTI SFONDALMONDO.