NASDAQ100 WEEKLY - Indici azionari USA inarrestabili, così come il nostro Portafoglio.


SEGNALI DI ENTRATA E DI USCITA DEL MODELLO QUANTITATIVO LOMBARD PER IL TRADING SULLE AZIONI NASDAQ TIME FRAME SETTIMANALE. ESCE OGNI INIZIO SETTIMANA.

IL REPORT SI COMPONE DI SEGNALI DI ACQUISTO PER NUOVE POSIZIONI E DI AGGIORNAMENTO PER I TITOLI GIA' PRESENTI IN PORTAFOGLIO.
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Continuano gli acquisti sui titoli azionari di Wall Street. Anche questa settimana sui tre principali indici azionari c’è stato un crescendo di nuovi massimi storici, giorno dopo giorno. Favoriti senz’altro dall’uscita di buoni dati macroeconomici, dei quali parleremo in seguito, dall’uscita di buoni risultati economici societari trimestrali specialmente del settore bancario, che hanno dato un buon impulso all’indice Dow Jones facendogli recuperare un po' di terreno rispetto agli altri due, infine la firma sul tanto atteso accordo commerciale di “Fase 1” tra CINA e Stati Uniti. Dopo la firma, in una sorta di “sell of news”, nella serata di mercoledì hanno provato a vendere l'azionario come anticipazione di una fase di prese di beneficio, favorite da alcune notizie, (fatte circolare ad arte ?) circa i dubbi sulle possibilità che la Cina possa effettivamente effettuare tutto l’ammontare degli acquisti previsti nell’accordo (lo stesso negoziatore cinese, Liu He, ha sostenuto che le importazioni dovranno essere coerenti con la domanda), sottolineando anche che, al momento, molte questioni siano rimaste senza soluzione. Ma a nulla sono valse queste giustificazioni, gli acquisti sono rapidamente entrati in azione sugli indici che hanno sostato in negativo molto brevemente per poi iniziare nuovamente ad accumulare progressi nel finale di seduta.

Da notare come la continua accumulazione si stia svolgendo in un regime di volatilità eccezionalmente basso il che, per il nostro Portafoglio azionario, non può che essere una gran bella situazione.

Passiamo pure ai “numeri” della settimana appena trascorsa, iniziando dall’indice “principe” come performance ma anche per il fatto che ci investiamo sopra, il NASDAQ100 che ha aggiornato il proprio massimo storico a 9176.47 andando a chiudere le contrattazioni a 9173.73 guadagnando il + 2,31%, con un profit da inizio anno del 5,05%. A seguire l’indice S&P500 che ha aggiornato il massimo storico a 3329.88 chiudendo la settimana a 3329.62 guadagnando il + 1,97% e portando il profit da inizio anno a + 3,06%. Infine l’indice DOW JONES che ha anch’esso fatto registrare un nuovo massimo storico a 29373.62 per poi chiudere le contrattazioni a 29348.10 guadagnando il + 1,82% e con un profit da inizio anno del + 2,84%. Di seguito i relativi grafici:

ORO INDEX

La scorsa settimana scrivevamo di “attendere un attimo gli eventi prima di considerare nuove operazioni in quanto c’è da valutare la tenuta o meno dell’area 1550”. Ed infatti nella settimana appena trascorsa nessun evento ha fatto sì che si potesse prendere in considerazione una eventuale apertura di nuove posizioni. Mercato in totale lateralità con un piccolo escursus dei valori, in intraday, che hanno violato il supporto dei 1540 $/oz. Ciò ha contribuito a consolidare il livello di RSI sotto i 70. Ora per la settimana entrante la considerazione da fare è che nonostante l’uscita di news distensive, di dati macro buoni e con gli indici azionari che abbiano guadagnato un ulteriore 2% di media, i livelli dell’ORO non hanno seguito il percorso inverso, testando varie volte il supporto indicato. Pertanto per la settimana entrante, a livello operativo, le possibilità possono essere due, la prima è quello di poter adottare una strategia aggressiva con acquisto (moderato) sul supporto con STOP IN CHIUSURA sotto i 1535 $/oz., oppure (ed è quella che preferiamo) attendere una eventuale discesa dei corsi in area 1510/1500 $/oz per aprire una prima metà della posizione e area 1485/1480 $/oz per l’eventuale altra metà con STOP in area 1450/1440 $/oz. Di seguito il grafico weekly dell’ORO INDEX:

LA POLITICA USA DI DONALD TRUMP

In settimana, l’attenzione internazionale si è concentrata sull’attesa firma della “Fase uno” dell’accordo commerciale USA-Cina, arrivata mercoledì 15 alla Casa Bianca con protagonisti il presidente statunitense Donald Trump e il vice-premier cinese Liu He. Il padrone di casa ha fatto trapelare che, subito dopo l’entrata in vigore della prima fase, inizieranno le negoziazioni per la seconda e che, con buona probabilità, non ci sarà una terza.

L’intesa prevede principalmente che Pechino si impegni da:

1)      aumentare le importazioni di beni statunitensi per un valore di 200 miliardi di dollari nei prossimi due anni.

Gli acquisti dovrebbero essere così suddivisi tra i principali settori di produzione a stelle e strisce:   

•        manifatturiero: 32.9 miliardi di dollari nel 2020, 44.8 mld nel 2021. Tra i prodotti più importati: macchinari industriali, apparecchi elettrici, prodotti farmaceutici, veicoli e strumenti ottici.

•        agricolo: 12.5 miliardi di dollari nel 2020, 19.5 mld nel 2021. Tra i prodotti più importati: semi oleosi, carne, cereali, cotone e pesce.

•        energetico: 18.5 miliardi di dollari nel 2020, 33.9 mld nel 2021. Tra i prodotti più importati: gas naturale liquefatto, petrolio e metanolo.

•        servizi: 12.8 miliardi nel 2020, 25.1 mld nel 2021. Soprattutto viaggi studio, servizi finanziari e riassicurazioni.

2)      attuare un piano di rafforzamento della protezione della proprietà intellettuale entro 30 giorni dall’entrata in vigore dell’accordo.

Clete Willems, ex-vicedirettore del Consiglio economico nazionale ed ex-principale negoziatore dell’accordo per gli USA in occasione di importanti vertici multilaterali come il G7 e il G20 , l’ha definita “la parte più rilevante del patto”, specificando che “si tratta di una novità positiva [soprattutto] per le imprese straniere in Cina, che avranno maggiori garanzie sulla protezione dei segreti commerciali”. A suo avviso, questa svolta avrà buone ripercussioni anche sull’economia cinese: “una migliore protezione della proprietà intellettuale significa maggiori investimenti”, ha spiegato a CNBC. Negli USA c’è comunque sospetto sull’effettivo rispetto degli impegni da parte di Pechino. Secondo Willems, due efficaci incentivi sarebbero stati la promessa di un’ulteriore riduzione dei dazi nella seconda fase del patto o la garanzia della collaborazione dei paesi alleati nell’inibizione di eventuali inadempimenti.   

In linea con questi timori, a fine settimana, l’affidabile agenzia Reuters ha pubblicato un’indiscrezione secondo cui l’amministrazione Trump starebbe pianificando di inasprire le restrizioni sull’uso di prodotti statunitensi da parte del colosso delle telecomunicazioni cinese Huawei: in particolare, Washington vorrebbe vietare l’esportazione in Cina di prodotti la cui componente “made in USA” superi la soglia del 10% e non più l’attuale 25%.

Questo accordo, se mantenuto nella sostanza, sta creando perplessità negli investitori che ora si stanno interrogando su quale economia (nel mondo) vedrà ridursi considerevolmente le commesse cinesi che prenderanno la strada degli USA. Pensare all’Europa non si fa certo peccato !

Durante la conferenza stampa di mercoledì, Trump ha nuovamente trovato il modo di attaccare in maniera indiretta il presidente della FED, Jerome Powell. L’inquilino della Casa Bianca rivolgendosi all’ex-governatore della Federal Reserve System sotto le presidenze di Bush jr. e Obama, Kevin Warsh, presente alla firma dell’accordo commerciale, gli ha chiesto come mai non avesse spinto di più la propria candidatura alla poltrona della Presidenza della FED, alla cui nomina sarebbe stato favorevole (con il senno di poi !)

Trump ha continuato parlando dei benefici dei tassi di interesse negativi, che sono stati implementati dalla Banca centrale europea e da altri dicendo: “Questo concetto è incredibile, ancora una volta non sai dove diavolo conduce, ma prendi in prestito il denaro e quando devi restituirlo, ti pagano. Questo è un passaggio che mi piace molto”. Infine ha detto: “mi dà fastidio quando Paesi come la Germania vengono pagati per prendere in prestito denaro. Siamo di gran lunga l’economia numero uno al mondo e dobbiamo pagare, i nostri tassi di interesse sono elevati ed il nostro dollaro è molto alto”.

In realtà l’efficacia della misura che è alla base, è quella di aumentare i prestiti bancari per spingere il capitale verso le imprese e stimolare l’economia, già utilizzata dalla BCE nel 2011 per fronteggiare la crisi del debito sovrano. È bene specificare che i tassi di interesse negativi cui si fa riferimento riguardano i depositi, ovvero la liquidità che le banche commerciali versano presso le banche centrali. In pratica, in determinate circostanze, alcune banche accettano un tasso negativo, la cui prospettiva futura è una rimessa piuttosto che un guadagno, pur di depositare i risparmi dei correntisti in Banche Centrali più sicure.

Ad inizio settimana sono stati pubblicati i dati del Dipartimento del Tesoro secondo i quali il disavanzo fiscale degli Stati Uniti ha superato 1 trilione $ nel 2019, la prima volta che ha superato quel livello in un anno solare dal 2012.

Il deficit di bilancio ha toccato 1,02 trilioni $ per il periodo gennaio-dicembre, con un aumento del 17.1% rispetto al 2018, che a sua volta aveva visto un salto del 28.2% rispetto all’anno precedente. L’aumento del gettito fiscale delle società ha contribuito a ridurre il ritmo di aumento del divario di spesa.

Per l’anno fiscale, iniziato ad ottobre, il deficit è già di 356,6 miliardi $, con un aumento dell′11.7% rispetto a un anno fa. Se questo ritmo dovesse continuare, porterebbe anche a un disavanzo fiscale per il periodo 2019-2020 di oltre 1 trilione $. Fino a dicembre, le entrate sono ammontate a 806,5 miliardi $ mentre le spese sono state pari a 1,16 trilioni $. Di conseguenza, il Dipartimento del Tesoro ha ampliato la sua emissione di debito per coprire un deficit in aumento ogni anno dal 2016, incluso un piano per l’emissione di una nuova obbligazione a 20 anni.

Il presidente Donald Trump aveva giurato che le sue politiche di stimolo, tra cui un massiccio taglio delle imposte sulle società e una deregolamentazione aggressiva, avrebbero contribuito ad arginare il passivo proveniente da Washington, in realtà è solo aumentato. Così come per il deficit che si è gonfiato, lo stesso vale per il debito nazionale, che ora è di 23.2 trilioni $.

IMPEACHMENT

Nella giornata di giovedì 16, è ufficialmente cominciata la fase processuale dell’impeachment, con la lettura in Senato dei due articoli contenenti i capi di imputazione al presidente Trump affidata ad Adam Schiff, deputato democratico che guida la pubblica accusa. Inoltre, hanno avuto luogo i giuramenti di imparzialità del capo della corte suprema che presiederà il dibattimento che inizierà martedì prossimo, il conservatore John Roberts, e dei senatori.

IRAN

Per quanto riguarda la disputa con l’Iran, il Presidente Trump preso dagli impegni per l’accordo commerciale, non ha replicato alle accuse arrivate dalla guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, che a distanza di ben otto anni, ha condotto la preghiera sacra del venerdì a Teheran. Il sermone si è, però, trasformato in un discorso politico molto duro nei confronti degli USA. Trump è stato definito un “clown che he finge di sostenere il popolo iraniano” (il riferimento è ai recenti appelli di ribellione alla Repubblica Islamica lanciati dalla Casa Bianca), mentre i funerali del generale Soleimani e l’attacco alle basi statunitensi in Iraq “uno schiaffo in faccia” a Washington. 

Secondo molti analisti, i toni duri usati dall’ayatollah si sono resi necessari ad arginare l’ormai dilagante dissenso interno del popolo iraniano. Molti hanno anche sottolineato come il presidente Hassan Rouhani, riconosciuto come volto più dialogante della Repubblica Islamica, abbia interrotto anzitempo l’ascolto del sermone.

LA CINA RISPONDE

Durante la conferenza stampa comune tenutasi mercoledì 15 in seguito alla firma dell’accordo commerciale con gli USA il vice-premier cinese, Liu He, ha letto una lettera inviata dal Capo di Stato cinese, Xi Jinping (assente alla cerimonia), a Trump. Xi ha definito questo primo step di avvicinamento tra le due economie più importanti del pianeta “un bene per il mondo intero”. Liu ha poi assicurato il massimo impegno di Pechino nel rispettare l’intesa, augurandosi al contempo, che Washington riservi un giusto trattamento alle imprese cinesi.   

LA POLITICA DELLA FEDERAL RESERVE

Richard Fisher, ex presidente della Fed di Dallas, ha pronosticato che “Jerome Powell non verrà confermato presidente della Fed una volta scaduto il suo mandato nel 2022”. Il suo successore potrebbe essere Kevin Warsh, candidato già preferito da Trump per la successione a Janet Yellen nel 2018, e al quale il presidente ha confermato indirettamente il proprio apprezzamento nella conferenza stampa di mercoledì. Fisher non ha mancato di esprimere i suoi dubbi circa l’eventuale nomina di Warsh, così come il fatto che nel 2022 possa esserci ancora Trump alla Presidenza degli Stati Uniti.   

A conferma dell’acredine di Trump nei confronti del Presidente della FED, Powell, nel fine settimana è uscita la notizia della volontà di Trump di proporre al Senato la nomina dell’economista Judy Shelton, come governatrice della FED, non escludendo una candidatura a Presidente per le elezioni del 2022.

Ma il primo ostacolo che Trump dovrà fronteggiare è di natura giuridica: il Federal Reserve Act proibisce infatti la compresenza di due governatori della stessa regione all’interno del Board, che include già Lael Brainard del distretto di Richmond, lo stesso della Shelton. Tuttavia, George Selgin, direttore del think tank Cato Center for Monetary and Financial Alternatives, ha fatto notare come, tra il 2010 e il 2012, abbiano già coesistito Elizabeth Duke e Sarah Raskin, entrambe proprio del distretto di Richmond. Il secondo impedimento potrebbe riguardare la filosofia della Shelton, posizione su cui non tutti i repubblicani sono concordi.

Che regni della gran confusione nella testa di Trump non avevamo dubbi, ma proporre due nominativi a futuro Presidente della FED (nel 2022 !!) nel giro di due giorni, ci sembra veramente eccessivo.

DATI MACROECONOMICI

Molti anche gli indici macroeconomici usciti in settimana. In apertura, l’Indice dei prezzi al consumo e l’Indice dei prezzi al consumo “core ex-cibo ed energia” relativi al mese di dicembre (mensili e annualizzati). Entrambi hanno registrato un calo a livello mensile: il primo si è attestato allo 0.2% rispetto al 0.3% di novembre e dall’attesa degli analisti, il secondo è uscito a 0.1% dal 0.2% del mese precedente e dalla previsione degli analisti. Per quanto concerne i dati annualizzati, invece, entrambi i dati hanno eguagliato i pronostici degli esperti: con l’Indice dei prezzi al consumo ed il dato “core ex-cibo ed energia” confermati al 2.3%, in crescita rispetto al 2.1% di novembre. 

A metà settimana è stato il turno degli Indici dei prezzi di produzione ed il dato “core ex-cibo ed energia” relativi al mese di dicembre (mensili e annualizzati). Il primo, aumentato sia a livello mensile, a 0.1% rispetto allo 0,0% del mese di novembre, ma sotto il pronosticato 0.2%, sia a livello annuale: a 1.3%, lo stesso valore atteso dagli analisti, dall’1.1% del mese precedente. Il secondo è risultato in crescita a livello mensile, pari a 0.1% dal – 0.2% di novembre anche se sotto le aspettative degli analisti che lo davano allo 0.2%, mentre a livello annuale, il calo è stato più evidente essendo uscito a 1.1% rispetto all’1.3% di novembre e delle attese degli analisti.

Molto positivo il New York Empire State Manufacturing Index, che calcola le condizioni commerciali per i produttori della Grande Mela, in crescita a gennaio a 4.8 punti dal precedente 3.3 del precedente mese (dato rivisto) e oltre le aspettative degli esperti, che lo davano a 3,55.

A seguire è stato pubblicato il Retail Sales Control Group di dicembre, importante indice rappresentante il totale delle vendite nel settore industriale utilizzato per calcolare le stime delle spese per consumi personali della maggior parte dei beni, in aumento allo 0.5% dal precedente -0.1% di novembre (dato rivisto) e sopra il consensus posto a 0,4%. In crescita anche l’indice delle vendite al dettaglio escluse le automobili di dicembre, arrivato allo 0.7% dal precedente 0% di novembre (dato rivisto) e sopra le attese che lo davano a 0.5%. 

Infine, “boom” dell’Indice di produzione della Fed di Filadelfia, indicatore delle tendenze del settore manifatturiero correlato all'ISM manufacturing Index e all’indice di produzione industriale, a gennaio è lievitato a 17 punti dai 2.4 della precedente rilevazione (dato rivisto) e ben oltre l’attesa del consensus posta a 3,8.

In chiusura di settimana, tre dati. Il primo è l’indice preliminare del Michigan Consumer Sentiment, rilevante sondaggio sulla fiducia dei consumatori che a gennaio è sceso a 99.1 punti dai 99.3 della precedente rilevazione, livello cui era atteso anche dagli analisti. Il secondo è l’indice della produzione industriale del mese di dicembre, in calo al -0.3% dallo 0.8% del precedente mese (dato rivisto) e sotto le aspettative degli analisti che lo davano a -0,2%. Infine altro dato “boom” e riguarda il dato sui nuovi cantieri singoli e a 2 unità abitative di dicembre, balzati a 1.608.000 contro i 1.375.000 del mese di novembre (dato rivisto) e delle attese degli analisti.

COMMENTI DAL MONDO ECONOMICO

Per quanto concerne la politica di tassi negativi, parte della comunità finanziaria è scettica sull’uso di questo strumento, soprattutto per un periodo prolungato. Ritengono che i tassi negativi abbiano conseguenze, come i bilanci delle banche in difficoltà, che potrebbero avere un impatto più ampio sull’economia. La FED condivide questo punto di vista, tanto che alcuni unzionari hanno dichiarato che: “il sistema finanziario negli Stati Uniti è notevolmente diverso da quello dei Paesi che hanno attuato politiche sui tassi di interesse negativi e che i tassi negativi potrebbero avere effetti negativi più significativi sul funzionamento del mercato e sulla stabilità finanziaria qui che all’estero”.

Tuttavia, Jan Hatzius, capo economista di Goldman Sachs, ha detto che questo potrebbe cambiare in futuro. Queste le sue dichiarazioni: “C’è ancora molto scetticismo negli Stati Uniti (sui tassi negativi) e penso che prima si utilizzeranno altri strumenti. Detto questo però, se dovessimo vedere nei prossimi anni in luoghi come l’Europa che l’efficacia di tale strumento risulti valida, il dibattito prenderebbe certamente una nuova piega”. Goldman Sachs prevede che l’economia americana cresca oltre il 2% quest’anno. Tuttavia, se una recessione dovesse colpire nel breve termine, Hatzius ha affermato: “Se nei prossimi anni dovessimo vedere avvicinarsi una recessione con i tassi di interesse vicini a quelli in cui si trovano ora, allora avremmo circa 150 punti base per tagliare i tassi di interesse convenzionali, ma questo rappresenta solo circa un terzo della tipica riduzione dei tassi a breve termine, pertanto dovremmo fare affidamento su altri strumenti”.

Per quanto riguarda il deficit federale in aumento gli strateghi e gli economisti affermano che attualmente il disavanzo non ha molta importanza rispetto a quanto lo era quando la disoccupazione era alta e l’economia era più debole. La disoccupazione è ora ai minimi da cinque decadi e i tassi di interesse statunitensi sono storicamente bassi, sebbene più elevati rispetto alla maggior parte degli altri paesi, il che rende i rendimenti del Tesoro USA piuttosto interessanti. A tal proposito il capo economista UDA di Natixis, Joseph LaVorgna, ha detto: “I deficit sono grandi, ma a questo punto non penso che siano problematici perché hai questo tasso di risparmio globale relativamente alto e, in ogni caso, sono ancora molto più bassi rispetto ad altre parti del mondo. Il deficit normalmente non cresce quando il tasso di disoccupazione è basso e le entrate dovrebbero continuare ad aumentare riempiendo le casse del Tesoro”. Inoltre ha aggiunto: “Il problema sarà se possiamo crescere più velocemente. Io penso che ci riusciremo, sembra che tutto sia pronto per una crescita migliore nel 2020. Se i ricavi saranno migliori il deficit non sarà un problema. Ciò non significa che comunque bisognerà prestare attenzione”. Infine LaVorgna ha dichiarato che il disavanzo fiscale 2019 è stato pari al 4,6% del PIL, un massimo pluriennale ma ben al di sotto del ritmo del 10% del 2009. Con una previsione di disoccupazione del 3,5% nell’anno fiscale in corso, si aspetta che con un approccio commerciale molto forte l’economia si riprenda e la percentuale del PIL rispetto al deficit, dovrebbe restringersi.

PORTAFOGLIO AZIONARIO

BUM, BUM, BUM !!! Altra settimana di lusso per il Portafoglio azionario. Oltre al famigerato “tozzo di pane” abbiamo fatto scorta nel caso dovesse arrivare qualche operazione negativa.

ALEXION PHARMA, JB HUNT, COMCAST le tre perle settimanali da ringraziare e portare a casa, un “goal” annullato dal VAR, in quanto il pallone non ha completamente oltrepassato la linea di porta, per un SOLO tick sul titolo T-MOBILE US (scusate la citazione calcistica, mondo che mi ha visto protagonista nella mia prima vita) ed altre due (MONDELEZ, PAYCHEX) in rampa di lancio sperando, questo sì, che si possano raggiungere i rispettivi target prima dell’uscita dei dati economici trimestrali in quanto, a volte a favore a volte a sfavore, è sempre un terno al lotto per noi che non sediamo nei salotti buoni. Ma ora godiamoci questo lungo viaggio, che molti (tanti) ritenevano impensabile già dal 2018. Sono le aspettative quelle che ti fregano nella mente e nel portafoglio, ma non solo in Borsa anche nella vita di tutti i giorni. E’ giusto e gratificante cercare di alzare l’asticella del proprio vivere, ma sempre con umiltà ed a piccoli passi, senza crearsi false illusioni, con sacrificio ma ottimismo, ben sapendo che l’ostacolo può essere arduo da superare e quella volta che non dovessimo riuscirci, torneremo a casa con qualche graffio o escoriazione ma comunque tutti interi pronti ad una nuova battaglia. Preservare il capitale psicologico ed economico è fondamentale e solo con l’aiuto degli STOP ciò avviene. Alla prossima.

VARIAZIONI IMPORTANTI SUI TITOLI DEL NASDAQ100 NELLA SCORSA SETTIMANA

COMCAST + 5,60%. La società proprietaria anche del canale CNBC, ha svelato i dettagli del suo servizio di streaming chiamato Peacock. Il gigante dei cavi investirà 2 mLD $ nel servizio di streaming nei prossimi due anni nel tentativo di conquistare nuovi abbonati da togliere alle concorrenti come Disney, AT&T e Netflix. Il servizio cercherà di distinguersi da quello dei concorrenti, offrendo un servizio gratuito di pubblicità ed abbonamenti a basso costo.

PEPSICO + 5,00%. La società di bibite, in occasione del Pepsi Super Bowl 54 del 2 febbraio all’Hard Rock Stadium di Miami Gardens, ha lanciato una campagna pubblicitaria che offrirà a tutti negli Stati Uniti una soda Pepsi Zero Sugar gratuita se il punteggio finale di una delle due squadre del Super Bowl terminerà l’incontro a zero punti. La società ha dichiarato, in un comunicato stampa, che se un tale punteggio risulterà alla fine dell’incontro, rimborserà il prezzo della bevanda, fino a $ 2,50, a chiunque negli Stati Uniti l’avrà acquista dal 2 al 4 febbraio.

QUALCOMM + 6,26%. L'analista di Citi Reaserch, Christopher Danely, ha aumentato il suo prezzo obiettivo sul titolo dell'azienda con sede a San Diego d 89 a 108 $. In una nota agli investitori, Danely ha affermato che “il tanto atteso 5G è in rampa di lancio” ed essendo la Società "uno dei titoli più esposti nel 5G, il 2020 sarà l'anno in cui, molto probabilmente, vedrà un'accelerazione nella crescita dei ricavi e degli EPS". Inoltre Danely ha dichiarato “di aspettarsi significativi guadagni di quote di mercato, il che porterà a maggiori royalties e ad un aumento dei prezzi di vendita medi”.

WYNN RESORT + 6,01%. L'analista di Goldman Sachs, Stephen Grambling, ha aggiunto la Società di casinò all'elenco dei titoli raccomandabili per l’acquisto con un obiettivo di prezzo di 181 $, rispetto al precedente 157. L'analista è positivo su WYNN a causa di una prospettiva più rialzista sul Casinò di Macao, dichiarando che: "le tendenze negative su Macao sono diventano positive grazie anche alle tensioni commerciali tra Stati Uniti e CINA che si sono allentate, osservando come il presidente cinese, Xi, ha annunciato iniziative politiche positive verso Macao. Grambling ha anche valutato il “Buy” sui Casinò di proprietà a Las Vegas.


ORDINI DI ACQUISTO NUOVE POSIZIONI DELLA SETTIMANA (1/20/2020)

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A cura di GIANMARCO LUCHETTI SFONDALMONDO