Le azioni della settimana: ● Top e flop dei “cagnacci” del Dow ● Idem (con sorprese) per i big del Nasdaq ● Quella più gettonata dagli analisti


Tutto sta cambiando in Borsa e lo dimostra quest’analisi domenicale. Negli Usa la “old economy” batte in testa e la “new” fa scintille. Intanto il titolo, che raccoglie maggiori consensus, rischia una “class action”!!!

Hot markets

I cagnacci del Dow (Dogs of the Dow) non sono per nulla aggressivi. Anzi sulla carta possono far guadagnare e molto. Per chi non li conoscesse si tratta dei titoli ad alto dividendo dell’indice Usa Dow Jones con potenziale maggiore valore da esprimere e come tali a presumibile sovraperformance nel corso dell’anno. Trascurato il metodo di selezione, ricordiamo solo che i “Dogs” andrebbero acquistati il primo giorno operativo (nel 2019 quindi il 2 gennaio) e mantenuti in portafoglio fino al 31 dicembre. Facciamo allora il punto dopo quattro mesi di operatività. I dieci prescelti, sulla base della strategia, sono quasi sempre rilevanti e perciò fotografano lo stato di salute dei leader del Dow Jones. L’esperienza dimostra che i loro rendimenti globali hanno spesso superato l’andamento dell’indice. In teoria la strategia non dovrebbe prevedere “stop loss”, sebbene la sperimentazione concreta dimostri che vanno invece contemplati, con margini però piuttosto ampi.

L'indice Dow Jones è calcolato, a differenza di altri che tengono conto della capitalizzazione delle varie società, pesando le quotazioni dei principali 30 titoli di Wall Street (Nyse più Nasdaq). Performance Dow Jones nel 2019: +13,6%.

Azione

Performance da 2/1

Spread su indice

Yield attuale

Chevron (Nyse)

+7,8%

Negativo

4,7%

Cisco (Nasadq)

+26,8%

Positivo

2,5%

Coca Cola (Nyse)

+2,9%

Negativo

3,2%

Exxon Mobil (Nyse)

+13,6%

Uguale

4,4%

IBM (Nyse)

+23,4%

Positivo

4,6%

JP Morgan (Nyse)

+18,9%

Positivo

2,9%

Merck (Nyse)

+4,7%

Negativo

2,2%

Pfizer (Nyse)

-5,2%

Negativo

3,4%

Procter&Gamble (Nyse)

+15,4%

Positivo

2,7%

Verizon (Nyse)

+1,8%

Negativo

4,3%

Il verdetto è impietoso: cinque titoli hanno fatto peggio dell’indice, quattro meglio e uno l’ha replicato. Dopo il primo quadrimestre e pur in presenza di un mercato molto positivo la strategia ha quindi fallito dimostrando alcune verità: 1°) due titoli a “best performance” appartengono al settore tecnologico (Cisco e Ibm) e sono anche quelli con un distacco più forte rispetto al Dow; 2°) l’economia tradizionale – per esempio Coca-Cola e i petroliferi – delude; 3°) i dividendi più alti sono assicurati dal petrolifero e dalla telefonia (Verizon), cioè dalla “old economy”.

Andiamo allora a verificare cosa è invece avvenuto nel settore tecnologico, utilizzando una metodologia identica ma relativa alle maggiori capitalizzazioni della “new economy”, confrontandola con l’indice Nasdaq 100, che da inizio anno ha messo a segno un +23,3%.

Azione

Performance da 2/1

Spread su indice

Yield attuale

Adobe

+26,2%

Positivo

0%

Alphabet

+13,8%

Negativo

0%

Apple

+32,2%

Positivo

1,4%

Amazon

+30,6%

Positivo

0%

Facebook

+49,1%

Positivo

0%

Intel

+10,3%

Negativo

2,4%

Microsoft

+26,9%

Positivo

1,4%

Netflix

+43,8%

Positivo

0%

Qualcomm

+56,9%

Positivo

2,8%

Texas Instruments

+24,3%

Positivo

2,7%

Anche qui il verdetto è impietoso ma in senso opposto a quello precedente. Impressionanti le performance messe a segno e rilevantissimi i distacchi rispetto al Nasdaq 100. Tre pertanto le conclusioni: 1°) è la tecnologia Usa il vero patrimonio su cui puntare in Borsa in presenza di possibili future correzioni; 2°) sono le big a garantire valore aggiunto; 3°) la distribuzione di dividendi non è per nulla importante in termini di fattore accelerativo delle quotazioni.

► La curiosità della settimana

Vi fidate degli analisti? Probabilmente no, tanto più quando il titolo sotto osservazione è seguito solo da pochi specialisti. Ciò non impedisce che certe bizzarrie vadano segnalate, perché potrebbero riservare in futuro improvvise sorprese. Spulciando fra i mille titoli Usa ne abbiamo scoperto uno che raccoglie consensus solo positivi. La stranezza sta nel fatto che gira su quotazioni molto basse, non ai minimi storici ma poco sopra. Si tratta di Inogen (Nasdaq - sigla INGN), società specializzata in tecnologie medicali e più in particolare nella produzione di concentratori di ossigeno portatili. I suoi numeri sono marginali rispetto alle big di Wall Street: fatturato di 434 milioni di $, visto in crescita nei prossimi anni, Ebidta di 68 milioni e cash flow per azione di 3,5 $. La debolezza del titolo è evidente, essendo sceso dai quasi 288 $ dello scorso settembre ai 75,6 $ del 22 aprile. Un crollo così rilevante ha portato a un’indagine con plausibile “class action” da parte degli investitori che abbiano subito pesanti perdite. Gli analisti vedono però margini per una risoluzione della contesa e per questo sono passati al “buy”. Venerdì l’azione Inogen ha chiuso a 91,7 $ (+4%) con volumi in crescita. Solo pura speculazione? Per ora sì ma la vicenda merita attenzione.

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